mercoledì 22 ottobre 2014
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​Scrittore di romanzi sotto pseudonimo, teologo di razza, pioniere del dialogo ecumenico, patrologo appassionato... Ma soprattutto strenuo difensore e geloso custode della tradizione e della memoria liturgica, ricevuta in eredità dalla Chiesa antica e da quella tridentina.Sono certamente questi gli aspetti e le tracce più singolari che hanno segnato in modo indelebile l’azione, l’apostolato ma soprattutto la ricerca di senso di una complessa e poliedrica figura quale è stata quella del sacerdote oratoriano Louis Bouyer (1913-2004), di cui proprio oggi ricorre il decennale della morte. Spesso accostato ai nomi noti della Nouvelle théologie, Bouyer appartiene in realtà a una generazione di poco successiva rispetto a quella di Yves-Marie Congar, Henri de Lubac, Jean Daniélou e Hans Urs von Balthasar; ma con i suoi illustri predecessori condividerà, come spesso emerge dai suoi scritti, la comune «visione biblico patristica» in seno al cattolicesimo. Solo pochi giorni fa, il 10 e 11 ottobre, Parigi ha celebrato il grande intellettuale francese con un convegno internazionale, promosso dall’Institut Catholique e dal Collège de Bernardins.Ma chi era Louis Bouyer prima di diventare sacerdote e abbracciare la religione cattolica all’età di 26 anni? Nato il 17 febbraio 1913 a Parigi, Bouyer viene battezzato e cresciuto nella fede luterana. Dopo una laurea in lettere classiche alla Sorbona e approfonditi studi in teologia e filosofia a Strasburgo, nel 1935 diviene pastore della Chiesa luterana. Fondamentali in questi anni saranno gli incontri e le frequentazioni con importanti esponenti del cattolicesimo francese come il filosofo Étienne Gilson e il domenicano Congar (con cui collaborerà alla rivista La vie intellectuelle: è rimasta famosa la sua critica alla teologia di Karl Barth, del quale pure era un devoto ammiratore). Ma è soprattutto l’incontro con gli scritti e le opere di Pierre de Berulle, Solov’ev, Bulgakov, Florenskij e con la teologia liturgica del benedettino tedesco Odo Casel e l’esempio di un grande convertito, anche lui protestante e poi sacerdote oratoriano, l’ex anglicano John Henry Newman, ad avvicinare sempre di più il giovane alla Chiesa di Roma.Nel dicembre 1939 Bouyer abbandona la confessione luterana per entrare ufficialmente nella Chiesa cattolica. Da quella data la sua vocazione religiosa sarà, in un certo senso, sempre combattuta tra il monachesimo benedettino e la congregazione dell’oratorio di san Filippo Neri; sceglierà poi alla fine di entrare nell’ordine filippino divenendone sacerdote il 25 marzo 1944. Ed è proprio nel corso di questi anni che Bouyer perfeziona la sua conoscenza della teologia cattolica: fondamentali gli studi condotti all’Institut Catholique di Parigi, dove guida alla conoscenza del pensiero di san Tommaso d’Aquino è il gesuita Guy de Broglie.A porre sulla ribalta il promettente teologo parigino sarà nel 1943 la pubblicazione di Mystère pascal sui riti della Settimana Santa. Un testo che, a detta di molti studiosi, ha anticipato l’impianto programmatico di quella che sarà vent’anni dopo la Costituzione sulla liturgia del Vaticano II, la Sacrosanctum Concilium. Numerosi i fili conduttori delle ricerche di Bouyer – divenuto ben presto ordinario all’Institut Catholique –: lo studio dei Padri della Chiesa (si pensi solo alla sua passione per sant’Atanasio), l’umanesimo cristiano (vedi i libri su Erasmo e Tommaso Moro), la liturgia, san Filippo Neri e ovviamente la Scrittura (basti citare il saggio del 1951 La Bible et l’Évangile).Altra costante del lavoro di Bouyer è la fedele figliolanza spirituale con il cardinale Newman, con cui condivide una parallela biografia di convertito e di religioso oratoriano. Stella polare della sua indagine sarà, non a caso, il capolavoro di Newman Grammatica dell’assenso; nel 1952 dedicherà al pensatore inglese un saggio Newman. Sa vie, sa spiritualité che verrà considerato da molti studiosi una delle fonti di ispirazione per l’apertura nel 1956 della causa di canonizzazione del futuro beato inglese.L’incontro con la cultura anglosassone e il mondo del romanzo affascina Bouyer, che durante i suoi soggiorni inglesi ma anche parigini stringe radicate amicizie con scrittori come Thomas Stearns Eliot, il franco-americano Julien Green e soprattutto con John Ronald Reuel Tolkien (di cui sarà uno dei primi lettori francesi). L’incontro con quest’ultimo, a giudizio del biografo il teologo Davide Zordan, risveglia in Bouyer «il senso dell’immaginario» e l’importanza dello «studio del sacro e dell’azione liturgica».
Ma è durante la tempesta della preparazione del Concilio (1960-62) che – nella sua veste di consultore della Commissione preposta agli studi e ai seminari e più tardi come membro (1966) del Consilium per l’applicazione della riforma liturgica – che affiora lo studioso di razza, l’uomo attento al mistero del sacro. Sono però anche gli anni delle grandi amarezze e dell’isolamento all’interno del panorama ecclesiale transalpino, confermato da un suo pamphlet molto critico sugli abusi post-conciliari: La décomposition du catholicisme (1968); isolamento testimoniato oggi, a 10 anni dalla sua morte, anche dalla pubblicazione in Francia dei Memoires finora inediti: un testo che ci permette di disporre di ulteriori tessere della sua complessa biografia, dal ruolo giocato nell Vaticano II all’amicizia e collaborazione con Paolo VI (compreso il desiderio non realizzato del Papa di crearlo cardinale).Fu infatti il papa di Concesio a volere Bouyer come esperto al Segretariato per l’unità dei cristiani e a nominarlo nel 1969 – assieme a Karl Rahner, Hans Urs von Balthasar e Joseph Ratzinger – membro della prima Commissione teologica internazionale; nel 1972 invece padre Bouyer sarà tra i “padri nobili” e fondatori della rivista internazionale di teologia Communio. Da questa data fino agli anni Novanta lavorerà senza soste, continuando a scrivere e a tenere corsi universitari soprattutto negli Stati Uniti e a redigere le sue Memorie. Gli ultimi anni saranno per lui un calvario; nel 1999 verrà accolto a Parigi presso l’istituto delle Piccole Suore dei Poveri: lo stesso luogo dove aveva concluso l’esistenza l’indimenticato gesuita Henri de Lubac. Ma c’è ancora spazio in quel 1999 per un riconoscimento da parte dell’Académie Française: il premio Cardinal Grente. Poi un lungo silenzio fino alla morte, avvenuta il 22 ottobre 2004.Padre Bouyer viene sepolto nel cimitero della tanto amata abbazia di Saint-Wandrille. A dieci anni dalla morte rimangono ancora attuali le parole pronunciate nel giorno dei suoi funerali dell’antico allievo e allora arcivescovo di Parigi, il cardinale Jean Marie Lustiger: «Di tutta l’ammirazione che ha potuto suscitare, del vasto credito ottenuto e di tutto l’impegno profuso, non ha avuto spesso altra ricompensa che le contraddizioni».
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