L'INEDITO In disparte da tutto, in ascolto di tuttoUn piccolo caso letterario è rappresentato dai libri dello scrittore francese Christian Bobin, molto amati dai lettori per il carattere metafisico-meditativo che si sviluppa in un racconto che tende alla prosa poetica. Ma al suo autore, purtroppo, manca ancora nel nostro Paese un riconoscimento critico. Pubblicati soprattutto da editori di area cattolica (
Francesco e l’infinitamente piccolo da San Paolo,
L’uomo che cammina da Qiqajon,
Resuscitare da Gribaudi,
Elogio del nulla da Servitium eccetera) o in piccole e raffinate edizioni (
Folli i miei passi, Socrates), i libri di Christian Bobin tradotti in italiano tendono ad aumentare, al punto che in questi mesi stanno uscendo molti suoi nuovi volumi, che ci raccontano aspetti e viaggi interiori dello scrittore, nato nel 1951, a Le Creusot, nella Francia centro-orientale, e divenuto – nonostante la sua riservatezza che lo tiene lontano dagli ambienti letterari – uno degli scrittori più importanti e conosciuti della letteratura francese di oggi. La sua è una scrittura personalissima per intensità e profondità nell’affrontare i caratteri di un’esistenza, in cui, come afferma lo stesso Bobin, «i momenti più luminosi della mia vita sono quelli in cui mi accontento di vedere il mondo apparire. Questi momenti sono fatti di solitudine e silenzio». Partiamo dal romanzo
Louise Amour, apparso nel 2004 e ora tradotto da Camelozampa (pagine 126, euro 14), una storia velatamente autobiografica che Bobin conduce con la forza poetica e, a tratti visionaria e biblica, di una scrittura che indaga il corso di una vita dall’infanzia alla giovinezza, dall’innamoramento alla morte. Protagonisti sono un giovane teologo che si nasconde al mondo, intento tutto il giorno a indagare le parole dei santi, e Louise Amour, distillatrice di profumi e donna straordinaria. E davanti alla bara di Louise Amor il personaggio maschile scopre che bisogna guardare in un’altra direzione: «Mi rimisi al lavoro, a quel lavoro che non mi valeva alcuno stipendio, ma che Dio sin dalla mia più giovane età mi aveva assegnato: vedere. Aprire gli occhi su un mondo la cui apparenza era cupa e la sostanza luminosa». È il tema ricorrente di tutta l’opera di Bobin: un’indagine serrata sulle condizioni di oscurità interiori, che determinano la falsa verità del mondo, e i segni di una grazia improvvisa, quando si scopre la vera sostanza delle cose. Della morte e della sua accettazione Bobin racconta in
Un sole che sorge, pubblicato nel 2011 e ora tradotto dalle Edizioni Gruppo Aeper (pagine 64, euro 10), dedicato al ricordo di un’amica carissima, Ghislaine, dopo la sua morte prematura di lei «che mi ha aiutato a portare il segreto della debolezza del mondo». Qui la scrittura si fa più frammentaria ed essenziale, trasformando il testo in un lungo poemetto in prosa, sorretto dal dialogo continuo con l’amica. Del resto Bobin indica questa natura quando scrive che «ciò che fugge dal mondo è la poesia. La poesia non è un genere letterario, è l’esperienza spirituale della vita, la più alta densità di precisione, l’intuizione accecante che la vita più fragile è una vita senza fine». Sono però le edizioni AnimaMundi di Otranto, in provincia di Lecce (www.suonidalmondo.com) a breve distanza ben quattro testi dello scrittore francese, che trattano, in una variazione continua, la necessità della ricerca oltre le apparenze. Dicono alla casa editrice: «Sentiamo come una missione, il far conoscere sempre più al pubblico italiano questo scrittore; è bello infatti ricevere telefonate ed e-mail in cui le persone ci ringraziano per aver scoperto grazie al nostro lavoro questo autore di cui si sono fervidamente innamorate». Sono da poco usciti, con testo originale a fronte,
Sovranità del vuoto (pagine 80, euro 12) e
Mozart e la pioggia (pagine 52, euro 10), mentre per febbraio sono annunciati
La vita e nient’altro e
L’uomo del disastro. Leggeteli, vi troverete un autore che attraversa un mondo minimale come se stesse passeggiando sull’abisso, in cerca di aperture derivanti dalla lettura, come è ben sottolineato da
Sovranità del vuoto, del quale pubblichiamo in questa pagina un estratto.
Mozart e la pioggia, invece, racconta il rapporto con la scrittura: «Quel che si dice in me non sta nei miei libri. I libri sono un controrumore al rumore del mondo. Quel che si dice in me si confida al silenzio, non è altro che silenzio. I libri sfiorano questo silenzio».