venerdì 26 marzo 2021
Sono una triade che conduce a Dio e che Lo avvicina anche a noi lettori, facendoci notare l’aspetto più familiare, e in un certo senso materno, del Divino
Anonimo da Giorgio Vasari, “Ritratto di Dante”, particolare. Biblioteca Vaticana

Anonimo da Giorgio Vasari, “Ritratto di Dante”, particolare. Biblioteca Vaticana - Immagine tratta dalla mostra online “Viaggiare con Dante” della Biblioteca Vaticana

COMMENTA E CONDIVIDI

Le tre donne che mandano Virgilio in missione, per così dire, rappresentano un filo verticale che dal Cielo arriva alla Terra, e sono perciò la parte più spirituale delle presenze femminili della Commedia. Maria ne è il culmine, perché è a lei che san Bernardo invita Dante a rivolgere lo sguardo, come all’essere creato che più somiglia a Dio, nel canto XXXII del Paradiso, poco prima della famosa preghiera. Perciò è una triade che conduce a Dio e che Lo avvicina anche a noi lettori, facendoci notare l’aspetto più familiare, e in un certo senso materno, del Divino.

C’è un’altra triade femminile che segue invece un percorso in apparenza orizzontale, perché procede attraverso le tre cantiche: un trio femminile più rasente alla Terra, ma che a sua volta illumina un percorso di salvezza, da un’angolazione del tutto umana e anche in gran parte autobiografica. È il terzetto che inizia con Francesca da Rimini nel V canto dell’Inferno, prosegue con Pia da Siena in modo perfettamente simmetrico, nel V del Purgatorio e culmina nel canto III del Paradiso, con Piccarda Donati. Solo due fra le tre donne raggiungono la salvezza, nessuna di loro è un esempio perfetto di virtù, tuttavia sono tre personaggi perfetti per far vivere il grande messaggio di amore del poeta, che abbracci l’umanità intera.

Se la staffetta fra Maria, Lucia e Beatrice diventa nel poema la cordata verso la salvezza per Dante, Francesca, Pia e Piccarda si fanno ambasciatrici per tutti i lettori dei modi per arrivare all’eterna felicità del Paradiso. Il loro è un messaggio di pace, è l’esortazione suadente a superare i conflitti politici, di cui tutte e tre sono state vittime, attraverso l’esecrabile abitudine dei matrimoni politici, della necessità angosciosa a volte, altre volte avida, di ottenere alleanze, garantite da parentele forzate. Francesca, che non ha fatto in tempo a pentirsi, è condannata per l’eternità; Pia da Siena, che forse è stata uccisa dal marito, a sua volta ha subito una morte violenta; Piccarda non ci dice, per delicata reticenza che l’autore trasferisce in lei, come è davvero morta. Ma anche per lei la causa indiretta è la politica, cioè la spietata prepotenza del fratello Corso, che la strappa al convento di clarisse in cui aveva scelto di vivere in armonia con la sua fede, costringendola a sposare un suo sodale.

Anche se non conosceva di persona tutte e tre, nella sua vita Dante aveva visto come la mancanza di scrupoli in politica potesse generare odio e violenza. Aveva personalmente combattuto in alcune battaglie delle guerre fra Guelfi e Ghibellini, tra cui Campaldino. E Pia ne è certamente una vittima, come testimonia la sua posizione nel canto, tragica conclusione, o tragico risultato, delle gravi tensioni fra i Guelfi, testimoniati da Iacopo del Cassero, e Ghibellini, rappresentati da Bonconte da Montefeltro. Tensioni che portarono allo scoppio delle ostilità fra Arezzo e la lega ghibellina e Firenze e la lega guelfa. Con le tre donne Dante ci mostra il lato oscuro della storia del suo tempo, dominato dalla violenza maschile, e apre una finestra su un futuro possibile di pace. Le rende messaggere di tale pace, esempi di come il mancato rispetto dell’amore possa portare all’eterna rovina, come nel caso di Francesca, oppure a un infelice destino terreno, come nel caso di Pia e Piccarda. Anche loro perciò ci fanno puntare lo sguardo verso il Cielo, ma dall’angolazione della cronaca per Dante e della storia per noi, guidandoci nel centro della commedia umana. Beatrice ne diventa la sintesi: in lei, perfetta messaggera di Dio, il poeta riconosce fin dall’infanzia lo stesso volto che più somiglia a Lui che rivedrà in Paradiso, la prima forma terrena dell’unico Amore, il primo volto umano dell’«amor che move il sole e l’altre stelle».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: