Bruno Beatrice, mediano della Fiorentina in cui ha militato dal 1973 al ‘76. In quegli anni in maglia viola a causa di una pubalgia gli venne prescritto un ciclo di raggi Roentgen che ne hanno causato la morte per leucemia a 39 anni, nel 1987 - .
Avvenire segue il “caso Beatrice” da vent’anni. Bruno Beatrice militava in quella Fiorentina che per noi è diventato il “Giallo Viola”, perché oltre alla sua morte, avvenuta nel 1987, causata dalla Roentgen terapia (per curare una banale pubalgia), ci sono state altre morti misteriose sulle quali era stata aperta un’inchiesta condotta dai Nas e dal pm di Firenze Luigi Bocciolini. Inchiesta che appurò che nella Fiorentina degli anni ’70 si fece «sperimentazione medica ». Da qui, le possibili conseguenze letali che hanno portato alle morti premature degli altri ex viola e compagni di squadra di Beatrice: Nello Saltutti (che ad Avvenire poco prima di morire, nel 2003 a 56 anni, aveva denunciato pratiche dopanti subite in carriera), Giuseppe Longoni, Ugo Ferrante, Massimo Mattolini, Giancarlo Galdiolo. A questa lista luttuosa, vanno ad aggiungersi i casi di ex viola come la bandiera Giancarlo Antognoni, campione del mondo con la Nazionale al Mundial di Spagna ‘82 colpito da infarto a 50anni nel 2004 e Domenico Caso, tumore al fegato da cui è guarito. Storie tragiche sulle quali è calato un “omertoso” silenzio. Pertanto l’unico civilissimo grido disperato rimane quello della famiglia Beatrice che lotta perché ci sia giustizia e verità per tutte le altre famiglie di calciatori misteriosamente scomparsi.
«L’unico ricordo nitido che conservo di mio babbo Bruno, è quando avevo 6 anni e un pomeriggio, appena era uscito dall’ospedale dove si curava per la leucemia, mi portò in un campetto qui vicino ad Arezzo dove abitiamo e lanciò un pallone a campanile… Io rimasi a guardare e con gli occhi fissi al cielo ho visto sparire quel pallone... Poco dopo è sparito per sempre anche il mio babbo, morto per colpa del calcio. E noi rimasti da soli, con mia madre Gabriella e mia sorella Claudia, sono 36 anni che stiamo aspettando uno straccio di giustizia per quella morte ingiusta, come tante altre morti di calciatori come Bruno Beatrice». È il ricordo struggente di un figlio, Alessando Beatrice. Suo padre Bruno, una vera vita da mediano, era il centrocampista della Fiorentina degli anni ’70, morto a 39 anni, nel 1987, di leucemia acuta bi-fenotipica (b linfoide/mieloide), causata, secondo certificazione delle varie perizie medico-scientifiche effettuate nel tempo, da un ciclo “killer” di raggi Roentgen che gli furono avventatamente prescritti dallo staff medico del club viola di allora.
Alessandro torna a parlare con Avvenire perché profondamente indignato dopo le ultime dichiarazioni di ex calciatori come Dino Baggio e Florin Raducioiu. «Dopo la morte di Gianluca Vialli ho paura. Bisognerebbe investigare a fondo sulle sostanze che abbiamo preso in quei periodi. Il doping c'è sempre stato… Bisogna capire se certi integratori col tempo hanno fatto male. Poi tanti hanno parlato dei diserbanti nei campi e dei prodotti che utilizzavano che davano problemi». Questa la testimonianza dell’ex azzurro anni ’90 Dino Baggio, classe 1971, resa alla trasmissione della locale Tv7 Triveneta, alla quale ha fatto eco quella dell’attaccante romeno Florin Raducioiu, 52 anni, (ex Brescia, Verona e Milan), che ha raccontato che nel periodo trascorso in Serie A gli venivano fatte delle «strane flebo rosa». La reazione di Alessandro Beatrice più che stupita è indignata. «Ho appreso da Internet le dichiarazioni di Dino Baggio, ebbene sì, sono un po’ arrabbiato, perché certe affermazioni si diffondono solamente sulla scia emotiva della morte dell’amico Gianluca Vialli. Ma come, qui sono anni che urliamo al vento che c’è questa piaga del doping e dell’abuso di farmaci nel calcio, e Dino Baggio che fa? Una mattina si sveglia e dice di avere paura per le sostanze che gli davano e per i pesticidi che spargevano sui campi di gioco… Ma allora quando giocava era a conoscenza e sapeva in cuor suo che l’abuso di farmaci e di integratori, a cui erano sottoposti, negli anni avrebbero potuto sviluppare quelle malattie letali (dai tumori, alle leucemie fino alla Sla) che hanno portato alla morte di tanti suoi colleghi. E allora, per quelle sostanze pericolose che ingerivano o gli venivano iniettate, perché ai tempi lui e i suoi compagni non hanno denunciato? Eppure qualcosa aveva visto già quando giocava al Parma...
A che cosa si riferisce?
A quando Fabio Cannavaro, campio-ne del mondo e Pallone d’Oro, nonchè compagno di Dino Baggio nel Parma, si faceva la flebo e rideva davanti alla telecamera che lo riprendeva (video girato a Mosca, alla vigilia della finale di Coppa Uefa del 12 maggio 1999 vinta dal Parma contro il Marsiglia, ndr). Allora Dino Baggio perché non chiedeva, con giusta preoccupazione, ai medici del Parma che sostanze gli iniettavano in vena. Perché, mi chiedo, farlo solo adesso, tra l’altro mischiando il grido di allarme a quello di dolore per la perdita di un compagno di Nazionale come Vialli?»
Lei sta dicendo che questi cattivi pensieri retroattivi di Dino Baggio ormai non sono più credibili?
No tutt’altro, lui sta esprimendo una sua legittima opinione sulle pratiche di doping e sull’abuso di farmaci, storie analoghe a quelle che mi hanno raccontato e confermato personalmente diversi calciatori che giocavano negli anni ’70 con mio padre. Dico soltanto che certe accuse, certi timori andavano confessati tanto tempo fa e nelle sedi preposte, mentre invece la tendenza del mondo del calcio, come ho constatato sulla nostra pelle, è fatta di imbarazzanti «non so», «non ricordo» e di quello che giustamente il giudice Raffaele Guariniello quando indagava anche sulla morte di Bruno Beatrice ha definito un «ambiente omertoso». Quella coltre spessa di omertà, a volte viene un po’ calata, ma solo quando si smette di mangiare dal piatto ricco del pallone professionistico.
Le “morti bianche” del calcio italiano sono centinaia, ma il “caso Beatrice” ad oggi pare sia l’unico accertato in cui si può parlare di una correlazione tra l’attività agonistica e la leucemia che lo ha stroncato…
Continuare a considerare il “caso Beatrice” come l’unico in cui sono evidenti le responsabilità del calcio è un falso storico. Sarebbe più corretto dire che è stato l’unico in cui abbiamo denunciato, mentre gli altri o non l’hanno fatto o non hanno mai trovato avvocati che non gli chiedessero cifre tali da finire in miseria o magistrati disponibili ad indagare e aprire fascicoli d’inchiesta. Noi come famiglia Beatrice avevamo anche creato un’Associazione vittime del doping nel calcio, intestazione che invece di suscitare solidarietà e voglia di arrivare alla giustizia ha generato terrore: ogni volta che ci siamo rivolti a calciatori del calibro di Dino Baggio quelli ci davano la pacca sulla spalla e invece di associarsi ci sbattevano le porte in faccia. Siamo stati costretti a chiudere l’Associazione e a proseguire da soli la nostra battaglia con il solo sostegno dei tifosi. I ragazzi della Curva Fiesole non hanno mai dimenticato Bruno Beatrice.
Forse bisognerebbe ripartire dall’appoggio dei tifosi viola e dalle testimonianze di quei calciatori della generazione di suo padre, come il ds Walter Sabatini, il quale commentando le dichiarazioni di Dino Baggio ha detto: «Ci sono passato anche io quando avevo 18 o 20 anni, passavano i medici e ti facevano punture. Non sapevi quello che ti iniettavi…».
Mi piacerebbe che Sabatini si schierasse apertamente dalla nostra parte. Così come Dino Baggio e Raducioiu affiancassero quelle vedove, come mia madre Gabriella, che da decenni attendono verità e giustizia. A Buenos Aires le madri di Plaza de Mayo so che ogni giovedì si ritrovano per denunciare la scomparsa decennale dei loro figli, beh vorrà dire che faremo così anche noi: d’ora in poi ci piazzeremo ogni settimana davanti ai cancelli di Coverciano per chiedere alla Federcalcio e al ct Roberto Mancini, tra l’altro fratello calcistico di Vialli, se ci aiuta a portare avanti la nostra legittima richiesta di giustizia per le morti misteriose di centinaia di calciatori italiani. A me, mia sorella Claudia e tanti ragazzi come noi, da questo momento ci devono considerare i figli dei “desaparecidos del calcio”. I nostri genitori non hanno fatto più ritorno a casa per colpa di una medicina che ha “sperimentato”, come è stato accertato nel caso della Fiorentina in cui giocava Bruno Beatrice, sulla pelle di giovani che volevano solo giocare a pallone e non morire per colpa del calcio.
Il processo per la morte di suo padre a che punto è?
Le fasi, sia nel civile che nel penale, per ragioni diverse si sono concluse, ma presto potrebbero esserci delle novità rilevanti... Bruno Beatrice finora è stato considerato per anni il “Milite Ignoto” del calcio, ma non è più così Ignoto, perché la sua storia calcistica e poi il male che gli hanno fatto è tutto documentato. Quindi è ora di dire le cose come stanno. Fatemi fare un ultimo appello, rivolto a Dino Baggio e a tutti i calciatori, ex o in attività: vi chiedo di essere uomini e padri di famiglia fino in fondo, di denunciare e portare prove concrete sulla morte e le malattie di tanti vostri colleghi. Ma di farlo ora e subito, perché domani potrebbe essere troppo tardi.