Mister Silvio Baldini e il mental coach Nicola Colonnata, dopo la promozione in B con il Palermo ripartono dal Perugia
La rondine del vecchio amico Domenico ha ricominciato a strizzargli l’occhio, e infatti Silvio, dopo l’estasi e il tormento palermitano, è tornato subito ad allenare: domani debutto sulla panchina del Perugia che allo stadio Curi sfida il Pisa. Ma questo, è un capitolo che non troverete nel libro memoriale e memorabile di Silvio Baldini Il calcio vincente. O vinco o imparo ( Mentoring Resources. Pagine 194. Euro 19,70). Una sorpresa spiazzante. Di questo nobile anarchico del pallone credevamo di conoscere praticamente tutto, ma nel libro, grazie agli assist “mentali” di Nicola Colonnata – che lo firma a quattro mani – , il mister di lungo corso non ricomincia dal “3” del suo inedito 4-23-1, con cui si presentò in Serie A con l’Empoli, nel 2002, ma da “Un letto per tre”. Un letto matrimoniale un po’ più grande, condiviso con sua moglie Paola e la loro Valentina, nata con una forte disabilità e che per i medici era destinata a morire dopo pochi giorni. Da qui la decisione di tenerla il più possibile vicino a mamma e papà. Ma “Qualcuno Lassù” ha voluto che dopo 35 anni Valentina Baldini sia ancora la gioia dei suoi genitori, «con la sua disabilità è una bambina di 4 anni nel corpo di una donna... Valentina mi ha fatto capire cosa significhi amare incondizionatamente, così come mia moglie mi ha fatto capire cosa vuol dire costruire una famiglia», confessa Baldini suscitando i primi brividi che si provano leggendo queste pagine emozionali e profondamente umane, in cui il calcio è uno dei sensi della vita, ma mai l’unico.
Dal Bagnone con cui, l’anno in cui nacque Valentina conquistò la prima promozione in carriera – in Prima categoria – , fino all’ultima impresa dalla C alla B con il Palermo (stagione 2021-2022), Baldini ha sempre concepito la guida di una squadra come fosse la sua famiglia e «avere una famiglia significa cercare di capire i problemi, soprattutto di quelli di chi sta peggio e ciò ci ha dato una certa unità». A 64 anni, il mister focoso appartenente alla razza malapartiana dei “maledetti toscani” non si disunisce più in “smoccolamenti” in diretta tv o in rabbiosi calci sul sedere al Mimmo Di Carlo di turno (Parma-Catania del campionato 2007-2008, quando era l’allenatore degli etnei). Viene da un percorso interiore forgiato da una fede profonda, incrollabile, che ha trasmesso a tutti e tre i figli (oltre a Valentina ci sono Mattia e Nicolò) che «la sera recitano le preghiere che gli ho insegnato da piccoli». Un uomo scevro da pregiudizi e campanilismi medioevali, da massese doc ha allenato «gratis» la squadra degli acerrimi cugini, la Carrarese. Un ritorno in panchina quello a Carrara dopo sette anni passati nel suo tibet apuano, senza allenare, e l’ultima volta che ci siamo sentiti, Baldini confessò di aver trascorso tutto quel tempo lontano dagli stadi «come Noodles (Robert De Niro) in C’era una volta in America : sì, anche io sono andato a letto presto alla sera. Anche perché spesso mi svegliavo alle 5 per andare a pascolare con il mio amico Mario che lavora nella tenuta di Tusa (tra Messina e Palermo) dell’altro caro amico Giovanni Cassata. Mario è una persona speciale, sa tutto delle pecore e di come si fa il formaggio, mi indica i posti dove posso cacciare le beccacce, mi racconta storie incredibili di cavalli...».
Ma le storie più incredibili che lo riguardano, fuori campo e lontano dai pascoli siciliani, le abbiamo apprese da questo piccolo romanzo popolare, O vinco o imparo, il sottotitolo è ispirato da una frase detta in tv da Roberto Vecchioni – «Nella vita o si vince o si impara. Non si perde mai» – che è poi una citazione di Nelson Mandela. Il romantico Baldini, lettore forte del narratore peruviano Sergio Bambarén e dei racconti di montagna di Mario Rigoni Stern, questo diario di bordo lo ha condiviso visceralmente con Nicola Colonnata, incontrato, non certo per caso, «alle 20.30 del 12 gennaio 2019; e alle 8.30 del 13 gennaio Silvio mi aveva nominato Mental Coach della Carrarese». Su Colonnata seguirà una prossima puntata, per indagare a fondo il personaggio carismatico e per comprendere la pratica trentennale della filosofia del Wing Chun Kung Fu che, unita alla sua esperienza di master trainer della “Mentoring Resources”, è stata una delle armi vincenti per la Carrarese che sfiorò la storica promozione in B e poi per il ritorno tra i cadetti del Palermo. Ma prima di arrivare a questi due capitoli aurei, ci sono di mezzo tante discese ardite e infinite risalite di un allenatore che ha vinto tanto, ma nel suo bilancio personale ammette: «La mia compagna più che la vittoria è sempre stata ed in questa sono sempre riuscito a ritrovare me stesso». Le vittorie più significative, quelle indelebili nella sua memoria, sono sempre arrivate con dei segni premonitori, come le strizzate d’occhio della rondine. Tipo quella volta al cimitero di Canevara sulla tomba del tifoso Gargiolli al quale Baldini confidava: «Quest’anno gioco contro il Milan... e subito dopo sentii una voce che mi disse: “Tu a Milano vinci”. E il suo Empoli vinse 1-0 a San Siro, contro quel Milan stellare che in attacco schierava tre Palloni d’oro: Shevchenko, Kakà, Ronaldinho, più Pippo Inzaghi. Per Baldini i calciatori sono come i figli, quindi vanno trattati tutti alla stessa maniera e bisogna ascoltare di più quelli che hanno maggiori fragilità.
Ma è indubbio che come ogni buon padre è rimasto colpito da qualche figlio prediletto. Come Totò Di Natale che qualcuno voleva spedire in C ma per lui era un «talento puro», e si è visto poi dalla carriera che ha fatto: tra Empoli e Udinese ha chiuso con 300 gol segnati e una miriade di giocate da campione Azzurro. Un altro figlioccio dell’era empolese è stato Marco Marchionni, suo vice alla Carrarese e che da giocatore lo stupì quando alla vigilia della partita contro il Napoli (con 15mila tifosi al seguito al Carlo Castellani) proclamò sicuro: «Mister stia tranquillo, stasera vinciamo noi... Ho guardato il cielo e ho visto una stella, era il mio babbo e mi ha detto: “Vai Marco, vai Marco che questa è la tua serata”!». Marchionni aveva perso il papà a 11 anni, quella sera l’Empoli vinse 40 con una sua doppietta e in estate venne acquistato dal Parma di Tanzi per 32 miliardi di vecchie lire. A Brescia sul monte Baldo, “nomen omen”, Silvio conquistò la fiducia e l’eterna amicizia di Daniele Adani che firma la prefazione del suo memoire. E poi ci sono gli incroci e le storie umanissime della Carrarese che rimarranno «impresse per sempre nella mia vita». Quella di Giovanni Foresta, l’uomo in più, «la fiammella che non si spegne mai» e che fece di tutto dopo un infortunio per tornare in campo e tentare l’impresa, sfumata, della promozione in B. Michele Murolo invece era arrivato a Carrara dopo 18 mesi di squalifica per “omessa denuncia” di una partita combinata. Ma giurava sulla sua innocenza, e in tribunale rinunciò a farsi difendere dagli avvocati «presentandosi da solo con in mano la Bibbia. E questa cosa mi colpì molto», racconta Baldini, che quando è tornato ad allenare il Palermo, vent’anni dopo la prima chiamata del vulcanico patron Zamparini, ha trovato un ambiente spento, incapace di sognare quell’apoteosi che stava fantasticando.
La foto di Valentina, i 50 euro stropicciati gettati a terra («sono come voi, anche se stropicciati non perdono di valore») e le continue iniezioni di autostima hanno portato una squadra bruttina e insicura a diventare la più bella creatura, spedita e vincente della serie C . Non vive di numeri e non li dà neppure Baldini, ma quel Palermo resuscitato, in 25 gare sotto la sua guida tecnica ha collezionato 23 risultati utili, andando a segno per 24 partite di fila e portando 150mila spettatori allo stadio Barbera nelle tre sfide dei play off promozione. La finalissima con il Padova trasmessa in diretta su Rai 2 con 1 milione e 380mila telespettatori è un record assoluto: la partita più vista nella storia della Lega Pro. Quella favola rosanero doveva e poteva continuare, ma per gli impazienti proprietari inglesi del City Group, abituati a fare le loro valutazioni tecniche basandosi su un algoritmo, quel gruppo era composto da troppi giocatori «scarsi» dai quali Baldini avrebbe dovuto inevitabilmente separarsi. A quei dirigenti allora ha risposto da padre, perché lui la «squadra la vede con gli occhi dell’amore, come vedo mia figlia Valentina». Così, nel ritiro precampionato con la «tristezza nel cuore ho abbandonato la cosa più bella che sono riuscito a creare». Ora, con al fianco l’amico e allenatore della mente Nicola Colonnata, Silvio Baldini riparte dalla nuova avventura di Perugia, portando con sé una certezza: «Il mondo del calcio mi farà arrabbiare, mi deluderà, mi criticherà, ma alla fine ciò che conta sono le emozioni che produce in me. Il giorno che non proverò più tutto questo io e il calcio non avremo più nulla da dirci».