venerdì 9 febbraio 2024
La neonata orchestra multietnica, composta dai musicisti della disciolta Orchestra di Piazza Vittorio, ha accompagnato Dargen D'Amico all'Ariston. "Con noi molti giovani di seconda generazione"
La neonata BabelNova Orchestra

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Un’orchestra nuova dalle radici solide: è la multiculturale BabelNova Orchestra che è salita ieri sera sul palco del Festival di Sanremo con Dargen D’Amico, in occasione della serata dei duetti, con un omaggio alla musica del grande Ennio Morricone. E’ stata l’occasione per inaugurare un progetto nuovo, nella forma e nello spirito, che segue la strada di una delle più affascinanti e pionieristiche storie della musica world (e non solo) in Italia degli ultimi 20 anni, in grado di attraversare l’opera come il cinema, il teatro musicale e la musica classica: l’Orchestra di Piazza Vittorio, ideata e creata nel 2002 da Mario Tronco e Agostino Ferrente in seno all’Associazione Apollo 11.

Guidata dal contrabbassista Pino Pecorelli, BabelNova Orchestra è una formazione di 12 musicisti provenienti da tutto il mondo che ha scelto di dedicarsi a un distintivo percorso di ricerca di nuovi linguaggi musicali. Con l’inserimento in organico di alcuni musicisti più giovani, di seconda generazione, anche l’espressione musicale si apre con assoluta libertà verso nuove direzioni, includendo sonorità più funk e urban ma mantenendo solida l’ispirazione world.

«BabelNova Orchestra è un’avventura con radici solide, fatta da musicisti che prevalentemente hanno condiviso una esperienza ventennale con l’Orchestra di piazza Vittorio, poi negli ultimi anni le cose sono cambiate» racconta Pino Pecorelli, musicista che ha collaborato con artisti come Mario Martone, Avion Travel, Matthew Herbert. «Il nostro direttore Mario Tronco ha scelto un percorso artistico nuovo, Leandro Piccioni che era il nostro direttore musicale è venuto mancare e noi abbiamo pensato che dovevamo ripartire da zero». Accanto a lui da vent’anni il cantante, musicista e compositore tunisino Ziad Trabelsi, direttore artistico di Almar’à - L’orchestra delle donne arabe e del Mediterraneo prodotta da Fabbrica Europa. «E’ grazie all’Orchestra di Piazza Vittorio che ho incontrato a Roma vent’anni fa che sono rimasto in Italia – spiega -. In questi 20 anni è cambiata molto anche l’Italia, l’immigrazione era in arrivo all’epoca, ora è una realtà. Molti di noi musicisti di BabeNova siamo qui da 20 o 30 anni, abbiamo fatto figli e messo radici. Noi siamo contenti di mettere le diversità insieme, di dare ricchezza a questa società, e vedere una nuova generazione che suona con noi. Noi abbiamo iniziato una strada e bisogna continuarla con nuovi innesti». Si tratta di ragazzi nati in Italia spesso da coppie miste, tendenzialmente in arrivo dall’Africa.

Accanto a loro alcuni artisti storici di altissimo livello. Il musicista e cantante ecuadoregno Carlos Paz, il tunisino Houcine Ataa, il batterista cubano Ernesto Lopez, collaboratore di Laura Pausini, Biagio Antonacci, Enrico Rava. E ancora, il sassofonista Peppe D’Argenzio, fra i padri fondatori nel 1980 degli Avion Travel, il batterista Davide Savarese, l’argentino Raul Scebba. Infine, il più giovane Simone Ndiaye, polistrumentista romano di origini senegalesi, diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia.

Un’orchestra chiamata a Sanremo da Dargen D’Amico come parte del suo progetto a favore dei migranti. «Abbiamo scoperto in Dargen una sensibilità e un’attenzione rara verso le tematiche alle fondamenta del nostro percorso. – aggiungono i componenti di BabelNova Orchestra -. La nostra nuova Orchestra, composta da musicisti che fanno dell’incontro e del confronto alla pari col diverso la propria ragione di vita, non può che essere onorata di muovere i suoi primi passi insieme a lui sul palco del tempio della canzone italiana, il Festival di Sanremo».

In arrivo ci sono un disco di inediti e un tour. «I musicisti quando si incontrano mescolano, quello che fanno i giovani senegalesi, sudamericani o tunisini non è più la musica dei loro nonni - spiega Pecorelli -. E’ interessate quanto sia diventato normale sentire una suggestione etnica in un contesto urbano. La strada che percorriamo nel nuovo repertorio va in quella direzione».

Angela Calvini

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