Il capitano di fregata della Regia Marina Jerzy Sas Kulczyck - Marina Militare
Un partigiano con le stellette che diede la vita per l’Italia negli anni della guerra di Liberazione. Il capitano di fregata della Regia Marina Jerzy Sas Kulczycki, 39 anni, romano di nascita, ma di origini polacche si trovava a Trieste, a bordo della corazzata Conte di Cavour, quando venne proclamato l’armistizio dell’8 settembre 1943. I contatti dell’ufficiale di Marina con la Resistenza si fecero sempre più frequenti dal 10 settembre fino al colloquio con il colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo, comandante del Fronte militare clandestino, poi ucciso il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine. Erano i giorni in cui molti giovani, tra i quali gli oltre 650mila Internati militari italiani si rifiutano di collaborare con la Repubblica sociale italiana e con i nazisti. Il comandante Kulczycki era consapevole dei rischi, ma accettò ugualmente l’incarico di “lavorare” per la Resistenza. «Dai documenti d’archivio e secondo quanto emerge dalla motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, Jerzy era un ufficiale superiore di eccezionali virtù militari e morali – spiega il contrammiraglio Gianluca De Meis, capo ufficio storico della Marina Militare –. Kulczycki si era già distinto in operazioni di guerra e più di una volta aveva mostrato il suo attaccamento alla Patria. Era un uomo caratterizzato da un forte senso del dovere ed anche per questo accettò senza indugio di organizzare i primi gruppi militari di resistenza nella regione veneta». Kulczycki era stato allievo all’Accademia Navale di Livorno dal 1921, poi prestò servizio sulle navi da battaglia. Dal novembre 1928 al maggio 1929 venne distaccato a Tientsin, in Cina. Da capitano di corvetta, nel marzo 1940, si imbarcò sulla corazzata Littorio con l’incarico di 1° Direttore del Tiro. «Ricordare Kulczycki – dice il contrammiraglio De Meis – significa ricordare tutte quelle migliaia di militari che, rimasti all’interno di territori controllati dalle forze germaniche, parteciparono alla lotta partigiana sostenendo mille disagi, ripieghi e affrontando elevati rischi nel dare questa forma di collaborazione. Si tratta di persone le cui storie non sempre sono venute alla luce nella loro interezza e non hanno forse ottenuto la giusta risonanza che meritavano». Durante la sua attività resistenziale operò con il nome in codice di “Ammiraglio Orione” e di “comandante Sassi”, ma anche di “Ducceschi”. Durante le sue azioni sfuggì più volte alla cattura, grazie ai suoi numerosi travestimenti.
Nell’ottobre 1943, a Bavaria, nel Trivignano, organizzò un incontro segreto al quale parteciparono uomini politici di tutte le estrazioni, ma anche volontari civili e ufficiali di diverse forze armate. Nacque da qui un esercito clandestino con un’apposita gerarchia e organizzazione riconosciuta al suo interno. Al termine del vertice Kulczycki venne nominato comandante generale delle Forze Armate della Patria (Fadp). A questo gruppo di militari aderirono numerosi ufficiali degli alpini e di cavalleria. Kulczycki, che già si era distinto per numerose attività in seno alla Regia Marina per le sue doti tattiche e strategiche, mise in piedi una struttura operativa clandestina che ebbe, però, una battuta d’arresto il 22 dicembre 1943 quando a Venezia alcuni componenti della Fadp vennero fermati. L’ufficiale riuscì comunque a rimanere nell’ombra e a trasferirsi in una città ancora più pericolosa di Venezia, ossia Milano. Nel capoluogo lombardo Kulczycki organizzò quello che venne riconosciuto e denominato Vai, Volontari armati italiani, un vero e proprio corpo militare clandestino, ma apolitico, che avrebbe dovuto condurre non poche azioni per “liberare” l’Italia dal nazi-fascismo
Alla fine del ’43 il Comando Supremo, con messaggio trasmesso dalla Stazione radio di Bari, lo nominò capo di stato maggiore della nuova organizzazione. Kulczycki, con il nome in codice di “comandante Sassi” prese contatto con il tenente di cavalleria Aldo Gamba, nome in codice “tenente K”, facente parte della rete clandestina “Reseau Rex”. Il Vai era organizzato in sezioni e nuclei sparsi nel nord Italia ed aveva un regolamento peraltro approvato a Genova agli inizi del 1944. Nel Vai furono reclutati anche civili che passarono informazioni segrete agli Alleati e compirono azioni di sabotaggio. Dietro a queste operazioni c’era Jerzy. «Anche per questo su di lui venne posta una grossa taglia – prosegue il contrammiraglio De Meis -, ma l’ufficiale di Marina, seppur con la prudenza del caso, con coraggio continuò senza sosta, per sette mesi, a svolgere attività resistenziale fino al suo arresto a Genova in seguito a delazione». Fu trasferito prima a Milano, poi inviato al campo di Fossoli, in provincia di Modena. Venne fucilato all’alba del 12 luglio 1944. La sua figura e quella degli altri martiri, sessantasette in tutto, fucilati nel poligono di tiro di Cibèno, è stata ricordata il 25 aprile 2017 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella proprio in occasione della visita del Capo dello Stato a Fossoli, considerato punto di raccolta e “crocevia” verso i campi di Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Dachau, Buchenwald e tanti altri.