giovedì 15 dicembre 2022
L’edizione aggiornata di un libro del 1997 su documenti e legami fra il fisico e i colleghi di Via Panisperna è l’occasione per indagare gli anni che per sempre cambiarono la scienza
I "ragazzi di via Panisperna", da sinistra: Oscar D'Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi

I "ragazzi di via Panisperna", da sinistra: Oscar D'Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi - WikiCommons

COMMENTA E CONDIVIDI

È la sera del 6 dicembre 1938: Roma Termini. Il fisico Edoardo Amaldi, sua moglie Ginestra e il suo collega Franco Rasetti salutano con mestizia l’amico e collega Enrico Fermi che insieme alla famiglia si sta recando a Stoccolma per ricevere il premio Nobel. Re Gustavo V di Svezia gli avrebbe, da lì a poco, consegnato il prestigioso riconoscimento: Fermi lo ricevette in frac, scandalizzando la stampa fascista, avrebbe infatti dovuto indossare l’uniforme di regime e in segno di saluto alzare la mano destra anziché porgerla. Fermi non sarebbe più tornato in Italia per emigrare negli Usa, anche se ancora un anno dopo non ratificava le dimissioni dalla cattedra di Fisica teorica dell’università La Sapienza. Il 7 dicembre 1939 si limitava a comunicare di lasciare a Edoardo Amaldi la gestione dei fondi per le ricerche in fisica nucleare. Amaldi avrebbe poi denominato quegli anni «il disastro della fisica» nel progetto inconcluso di un volume sulla Storia della fisica a Roma dal 1794 al 1968: quel disastro segnò la dissoluzione dei legami professionali quotidiani, dei progetti scientifici e delle potenziali scoperte italiane che avvenne negli anni della Seconda guerra mondiale. Il fisico sentiva profondo il legame con la sua terra e dopo la guerra non seguì i colleghi negli States, eldorado di opportunità di carriera e di ricerca. Amaldi preferì restare in Italia, scevro da ogni ideologico patriottismo e ansioso che quel disastro non divenisse l’inesorabile distruzione del futuro dei suoi allievi più giovani e delle generazioni future. Era già anziano, Amaldi, quando sognava un’Euroluna dopo la nascita del Cern e prima del primo uomo sulla Luna con bandiera americana. Sono le vicende della fisica italiana il perno attorno a cui ruotano le pagine di Edoardo Amaldi. Da via Panisperna all’America. I fisici italiani e la Seconda guerra mondiale, curato da Giovanni Battimelli, Michelangelo De Maria e Adele La Rana con la premessa del figlio di Edoardo, il fisico Ugo Amaldi (Editori Riuniti). Il volume rinnova e amplia l’edizione del 1997, dove venivano esplorate le carte personali di Edoardo Amaldi conservate presso il Dipartimento di Fisica della Sapienza. Tra queste carte si conserva il prezioso manoscritto parte del progetto sulla fisica romana. All’unicità del ritrovamento si affiancava la ricchezza del fitto scambio epistolare tra Amaldi e altri fisici per gran parte custodita nell’archivio del fisico Enrico Persico. Dopo venticinque anni, l’avvenuto accesso ad alcune collezioni, come quella di Gian Carlo Wick, ha permesso la scoperta di numerose lettere. A Fermi, Amaldi, Persico e Wick bisogna aggiungere Emilio Segré, Franco Rasetti e Bruno Pontecorvo ad animare l’intreccio di pathos e scienza che si dipana tra gli scritti pubblicati, ciascuno inquadrato da brevi note dei curatori che rendono la trama del volume molto fruibile. Dopo il 1936 le vicende dei famosi “ragazzi di via Panisperna” gravitarono attorno alla Città universitaria della Sapienza, dove l’Istituto di fisica era stato trasferito. Gli anni della guerra furono lo sfondo delle speranze di ricerca scientifica, del desiderio di rendere l’Italia un polo internazionale di innovazione, del terrore di campi di battaglia o deportazioni, dell’apprensione per gli affetti familiari e amicali. Il regime costrinse qualcuno a emigrare, altri lo fecero per prudenza, per dissenso o per migliori prospettive scientifiche. La stagione dei ragazzi di via Panisperna era stata molto breve, ma intensa e sfolgo- rante. A creare quel primo team scientifico era stato Orso M. Corbino, direttore del Regio Istituto Fisico di Roma, che voleva ammodernare la ricerca in Italia. Così dopo la chiamata di Fermi fece venire a Roma anche Rasetti, e a loro si aggiunsero altri. Lo spirito compatto delle origini fu però frustrato, se non cancellato, prima dalla politica fascista, poi dal Progetto Manhattan, per lo sviluppo della bomba atomica statunitense. Fermi venne rapidamente ingaggiato e si trasferì a Los Alamos, un laboratorio segreto nel New Mexico. Era con Segrè quando esplose la prima bomba a fissione nucleare della storia, ad Alamogordo il 14 luglio 1945. I due se ne stavano a circa 10 miglia di distanza, sdraiati e con occhiali scuri: temevano le conseguenze dell’esplosione. Videro una luce brillante, più «della luce del sole a mezzogiorno». Segré pensò che «forse l’atmosfera avrebbe potuto prendere fuoco provocando la fine del mondo », sebbene avessero a priori escluso questa ipotesi. In tempo reale, Fermi calcolò l’energia liberata dalla bomba misurando lo spostamento dalla verticale di alcuni pezzettini di carta che lasciò cadere su un tavolo. Gli scienziati avevano conosciuto il peccato, commentò poi in un celebre discorso Robert Oppenheimer, direttore a Los Alamos. Le scelte che avevano portato molti scienziati fin là, il segreto militare che a lungo isolò antichi amici gli uni dagli altri, le notizie giunte dopo Hiroshima e Nagasaki non potevano comporsi rapidamente nella coscienza degli scienziati. Chi si sentì legittimato per il dolore subito, chi fu scandalizzato e abbandonò per sempre la fisica, chi si sentì fortunato per non aver dovuto scegliere se lavorare alla bomba. Tra questi ultimi vi fu Amaldi. Lui e molti altri si impegnarono dopo la guerra per lo sviluppo della fisica di pace e la denuncia di ogni uso di guerra della scienza. In troppi avevano ricevuto notizie parziali, confuse al dolore personale e alla promessa di conoscenza. La scienza non è mai soltanto conoscenza, e le vicende di Amaldi e sodali dimostrano che la complessità della storia emerge solo se si esamina ogni ordito della trama.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: