venerdì 3 novembre 2023
Il 9 novembre del 1989 veniva abbattuto il Muro che divideva in due il mondo. Il ricordo di quegli anni attraverso l'epopea del club che osò sfidare la Stasi al tempo della Ddr
La curva dei tifosi dell’Union Berlino allo stadio Alten Försterei

La curva dei tifosi dell’Union Berlino allo stadio Alten Försterei - Sgobba

COMMENTA E CONDIVIDI

Divise in due il mondo, un Paese, una città e finì per squarciare anche il pallone. Bastò una notte per tirarlo su nell’agosto del 1961. Per abbatterlo invece trascorsero 28 lunghissimi anni. Ci sono molti modi per ricordare l’anniversario della caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre del 1989; può essere sorprendente farlo attraverso le casacche calcistiche di un club che ha vissuto in pieno il dramma delle ideologie del secolo scorso. Parliamo dell’Union Berlino, società che mai volle piegarsi alla propaganda e alle direttive del regime comunista della Ddr e anzi sfidò apertamente la Stasi, la polizia segreta che tramite spie e cimici reprimeva il dissenso. Quella biancorossa è una storia di pochi successi sportivi e molti soprusi. Ma è una storia che merita di essere conosciuta e tramandata come dimostra anche il volume appassionato di Giovanni Sgobba "Eisern Union. Storia dell'Union Berlin, la squadra forgiata dal popolo" (Ultra, pagine 248, euro 17,50). Le origini del club risalgono al 1906 (anno di fondazione del Fussballclub Olympia 06 Oberschönweide), ma l’epopea dei biancorossi di Berlino Est cominciò proprio all’indomani della divisione in due della città. Molti giocatori fuggirono subito nella parte Ovest, per dar vita all’Union 06 Berlin, il resto rimase nel sodalizio che dopo varie denominazioni nel 1966 assumerà il nome attuale.

Dovettero presto fare i conti con il regime spietato della Ddr che trasformò la Germania orientale in una gigantesca prigione a cielo aperto. Sul campo l’avversario più inviso era la Dinamo Berlino, la squadra della Stasi e del suo primo tifoso, il direttore dell’apparato di spionaggio Erich Mielke. La Dinamo rappresentava nel calcio il potere della Ddr che si serviva dello sport per dimostrare al mondo la superiorità del modello socialista. Vincere a ogni costo e con qualunque mezzo era l’unico “verbo” possibile. E difatti la Dinamo vinse dieci titoli di fila in Oberliga (la lega della Ddr) dal 1979 al 1988. La Stasi si preoccupava di indirizzare gli arbitraggi e accaparrarsi i migliori talenti. Berlino Est doveva essere rappresentata dalla Dinamo, non c’era spazio per un’altra squadra. Ma l’Union continuò a resistere, e i suoi tifosi allo stadio sfogavano tutto il loro dissenso. Nacquero due cori diventati iconici: oltre al consueto «Stasi raus!» (“Stasi fuori!”), quando l’Union Berlino otteneva un calcio di punizione e gli avversari formavano la barriera, si sentiva il ruggito: «Die Mauer muss weg», “il Muro deve cadere”. Tutte provocazioni che fuori dallo stadio avrebbero portato sicuramente ad arresti e controlli asfissianti. Ma tifare Union è sempre stata una prerogativa da cuori impavidi.

Dopo la riunificazione della Germania l’analisi dei registri di polizia dimostrò che i supporter biancorossi avevano maggiori probabilità di essere arrestati. E un altro coro storico della curva ricorda la casa dei mattoni rossi di Dessau, uno dei tanti centri di detenzione giovanile della Ddr. «Circa un terzo dei tifosi del tempo - scrive il libro - ha passato parte della propria vita in questi luoghi dimenticati ». Qui venivano rieducati alla dottrina comunista, perché come denunciava un report della Stasi dell’ottobre del 1977, la tifoseria dell’Union Berlino era colpevole di imitazione dei modelli dell’Ovest. Ma più la società subiva le angherie del potere, più raccoglieva consensi. Per questo già allora si diceva: « Non tutti i tifosi dell’Union Berlin sono dissidenti, ma tutti i dissidenti tifano Union». E così all’indomani della caduta del Muro il club si lasciò andare anche all’ennesimo gesto provocatorio di liberazione, diventando la prima squadra della Germania Est a mettere sulla maglia uno sponsor. Il resto è storia recente. Dopo essere sopravvissuto alle tempeste della storia, aver più volte rischiato il fallimento, il club nel 2019 è tornato nella massima serie e l’anno scorso ha anche centrato una storica qualificazione alla Champions. In bacheca c’è solo una coppa, la Fdgb-Pokal del 1968. E oggi la squadra di Bonucci e Gosens, avversaria del Napoli in Europa, sembra in caduta libera visto che non vince da mesi. Ma questo club dimostra che si può vincere anche senza essere vincenti, perché la libertà viene prima di qualsiasi trofeo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: