don Lorenzo Milani insegna nella scuola di Barbiana
Qualcuno di loro frequenta già le superiori, ma non c’è dubbio che Tao, Manuela, Sofia e tutti gli altri sarebbero passati indenni attraverso il 'blocco continentale' che don Lorenzo Milani aveva stabilito attorno al suo letto di morte: nessuno che avesse un titolo di studio superiore alla terza media era ammesso al suo capezzale. Salvo le dovute eccezioni, si capisce.
Come quella che molto probabilmente sarebbe stata riservata a Eraldo Affinati, lo scrittore romano che al priore di Barbiana ha già dedicato una biografia intessuta di autobiografia ( L’uomo del futuro, edito da Mondadori nel 2016 e finalista allo Strega) e che adesso con Il sogno di un’altra scuola (Piemme, pagine 288, euro 14, in libreria da oggi) torna a sviluppare la sua riflessione, rivolgendosi però a un pubblico di ragazzi. Da qui, appunto, la presenza del gruppetto già ricordato, idealmente composto da alcuni degli adolescenti che lo stesso Affinati ha incontrato nella sua lunga esperienza di educatore e insegnante.
Accuratissimo nella documentazione e nel rinvio alle fonti, anche Il sogno di un’altra scuola non è una biografia in senso tradizionale. La struttura richiama semmai - ma in maniera più addolcita, meno drastica - quella di Tutti i nomi del mondo, il romanzo che Affinati ha pubblicato da Mondadori all’inizio dell’anno e nel quale la voce dello scrittore veniva continuamente accompagnata, se non addirittura interrotta, da quella di un giovanissimo borgataro romano che rappresentava il suo doppio, la sua coscienza.
Qui si procede con più ordine, com’è giusto fare in classe: Affinati spiega, punto per punto, la vita di don Milani, mentre i ragazzi prendono appunti, fanno domande, intervengono. È la scuola come l’avrebbe voluta don Lorenzo, appunto, anche se il tempo è passato, e si vede. All’epoca dell’avventura di Barbiana il prete era andato di persona in Germania per procurarsi la mappa della Palestina sulla quale avrebbero poi lavorato i suoi ragazzi, mentre oggi le informazioni sono a portata di tutti, basta cercarle su Wikipedia. Ma il compito di dare un senso a quello che si impara è rimasto inalterato: è il compito del vero maestro.
Sotto il profilo formale, Affinati ha ragione quando afferma che Il sogno di un’altra scuola è il suo secondo libro su don Milani. In realtà è da almeno un decennio, e cioè dall’uscita di La città dei ragazzi( 2008), che nella sua narrativa il tema dell’educazione ha conquistato uno spazio sempre più decisivo. Da un lato c’è il modello del priore ribelle, forse mai dichiarato con tanta nettezza come in quest’ultima prova; dall’altro c’è l’esperienza della Scuola Penny Wirton, la rete di insegnamento di italiano per stranieri di cui lo stesso Affinati si è fatto promotore.
Una Barbiana del XXI secolo, concepita in un momento nel quale la distinzione tra il privilegiato Pierino e lo svantaggiato Gianni (sono i due allievitipo evocati nella celebre Lettera a una professoressa) è superata solo in apparenza. Non saranno più figli di contadini, i piccoli Gianni del 2018, ma per loro la strada è ancora difficile. E non soltanto quando le loro famiglie vengono da lontano, come nel caso dell’africano Mohamed e della bengalese Amina, altri due dei ragazzi convocati nell’eterogenea classe di Il sogno di un’altra scuola. Sarà un’impressione, ma l’interlocutore che più appassiona Affinati è il romanissimo Romoletto, esponente di un sottoproletariato che non si può neppure più definire pasoliniano. Ha sedici anni, ha lasciato la scuola e, se gli si chiede che cosa vuol fare da grande, dice che non lo sa. Non ha risposte e proprio per questo riesce a fare le domande giuste. ©