Roma 1968. Il gesuita Fantuzzi con Pasolini negli studi Rai di via Teulada durante il montaggio di “Appunti per un film sull’India”
Successore di Enrico Baragli come critico cinematografico
Se ne è andato nella notte tra lunedì e martedì, il 23 e 24 settembre scorsi, in punta di piedi, con discrezione, distacco ignaziano e autoironia, l’ultimo “gesuita del cinema”, padre Virgilio Fantuzzi, a Roma. Aveva 82 anni. Si considerava dopo la morte del suo amico e confratello Angelo Arpa l’ultimo superstite di quella stagione di “padri” amici dei grandi cineasti, definendosi proprio per questo, in un certo senso l’ultimo «“pretino” alla corte di Fellini». Il religioso si è spento nella infermeria San Pietro Canisio della Curia generalizia della Compagnia di Gesù in Borgo Santo Spirito – non distante dal Vaticano – dopo una lunga lotta con la malattia: un tumore.
Classe 1937, Fantuzzi era nato a Mantova il 15 febbraio e per la rivista “La Civiltà Cattolica” dal 1973 – anno del passaggio cruciale per la guida del quindicinale della Compagnia di Gesù tra due storici direttori come Roberto Tucci e Bartolomeo Sorge – ininterrottamente fino ad oggi (un autentico record di continuità) era divenuto per tutti il critico e l’osservatore principe su tutto ciò che accadeva sul mondo che ruotava attorno al grande schermo. Toccò infatti all’allora giovane promettente padre Fantuzzi, con un passato di studi sulle arti figurative alla scuola tra l’altro di fratel Mario Venzo, proprio negli anni del suo esordio sulla “Civiltà Cattolica”, raccogliere l’autorevole eredità di un critico cinematografico del rango di Enrico Baragli, il noto gesuita che stroncò nel 1960 La dolce vita di Federico Fellini. Alcuni anni prima, nel 1954, era avvenuto per padre Virgilio l’ingresso nella Compagnia di Gesù; nel 1969 venne ordinato sacerdote. Compiuti gli studi di Filosofia e Teologia a Roma (Pontificia Università Gregoriana), si era specializzato in Semiologia del cinema a Parigi (Sorbona, École Pratique des Hautes Études) con Christian Metz. Dal 1975 al 2007 aveva insegnato alla Gregoriana Analisi del linguaggio cinematografico; fu autore di importanti saggi come Pier Paolo Pasolini (1978), Cinema sacro e profano (1983), Il vero Fellini (1994), Paolo Benvenuti (2004) e non da ultimo quello recente, il suo “testamento spirituale” edito per Áncora (2018) Luce in sala. La ricerca del divino nel cinema.
Sul set degli Atti degli apostoli nel 1969 con Carlo Maria Martini...
Fondamentale nella indagine di Fantuzzi – quasi un filo rosso narrativo – è stato lo studio attorno alle opere di Roberto Rossellini («che conobbi grazie all’allora padre e già biblista di fama Carlo Maria Martini durante la lavorazione nel 1969 degli Atti degli Apostoli e da quella data divenni il “prete di casa” della sua famiglia...»), Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini («di entrambi divenni amico e confidente, partecipando, tra l’altro, ad alcuni dei loro set cinematografici»). Una ricerca su questi tre cineasti che ha rappresentato e simboleggiato per padre Virgilio «un’autentica trilogia del cuore», come confidò a chi scrive in un’ampia intervista per questo giornale in occasione dei suoi ottant’anni . «Si è trattato di incontri a mezza strada tra il mio e il loro mondo – rivelò ad “Avvenire” il 15 febbraio del 2017 –. Se si rivedono i capolavori di questi grandi artisti, come Roma città aperta con il suo sottofondo in un certo senso cristologico, Francesco, giullare di Dio, Amore di Rossellini, Accattone di Pasolini o La strada di Fellini si evince l’intreccio tra questi tre autori e il loro comune percorso di ricerca dell’autentico attraverso l’umile: un riflesso di spiritualità in persone che cercano spiragli di luce nella sua vita. Proprio grazie a questi capolavori hanno rappresentato proprio per me dei modelli da imitare anche per la mia vita di giovane gesuita ancora in formazione».
Sulla Civiltà Cattolica nel 1990 la prima intervista al maestro Federico Fellini
E significativa fu proprio la scelta di Fantuzzi, di concerto con l’allora direttore della “Civiltà Cattolica” GianPaolo Salvini nel 1990, di pubblicare la prima intervista a Federico Fellini sul quindicinale dei gesuiti. «Fu, il mio – confidò –, un omaggio a Federico che era stato proprio “maltrattato”, anni prima, sulla nostra rivista». Ma padre Fantuzzi, è giusto oggi ricordarlo, tra i tanti cineasti da lui incontrati e frequentati, come amico e consigliere spesso anche in veste spirituale di altri grandi autori come Ermanno Olmi, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci (a cui proprio su “Avvenire” dedicò un commosso ricordo nel giorno della sua morte, nel novembre 2018) e Martin Scorsese. Nell’album fotografico degli amici di padre Fantuzzi non bisogna dimenticare nomi importanti come Gianluigi Rondi, Peppino Rotunno e Suso Cecchi D’Amico.
E proprio ieri l’attuale direttore della “Civiltà Cattolica”, Antonio Spadaro, sul suo profilo Twitter ha voluto ricordare la grandezza del confratello: «Un uomo che mi ha insegnato il cinema ma soprattutto la libertà di spirito, che è sempre stata per lui la chiave per leggere ogni cosa (anche i film) alla luce del Vangelo. Ci mancherai molto, Virgilio!». Sulla stessa lunghezza d’onda è stato il giudizio espresso dall’attuale direttore dell’“Osservatore Romano”, Andrea Monda, che ha definito padre Fantuzzi come «una sorta di rabdomante di Dio nell’insidioso campo dell’arte cinematografica». I funerali saranno celebrati giovedì 26 settembre, alle 11 a Roma, nella cappella della comunità della “Civiltà Cattolica” in via di Porta Pinciana, 1.