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«Una città accessibile permette l’emancipazione di tutti i cittadini, assicurando a ciascuno una vera autonomia». Da mesi, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, socialista, continua a vantare così la propria «politica di trasformazione dello spazio pubblico », evidenziando la coerenza fra il quotidiano dei parigini in situazione di handicap e l’onore, per la capitale, di accogliere le Paralimpiadi. Ma molti osservatori indipendenti additano da tempo la principale macchia della capitale in termini di accessibilità, ovvero la fitta rete della metropolitana, costruita da oltre un secolo come un dedalo sotterraneo in cui risulta spesso proibitivo innestare in particolare degli ascensori per aggirare le barriere architettoniche. In effetti, la prima linea del metrò risale all’Esposizione Universale del 1900. Da allora, il sottosuolo di Parigi, città demograficamente più densa di altre capitali europee come Berlino e Roma, è pure divenuto un gomitolo fittissimo di condotti, tubi e cavi di ogni tipo, come quelli delle reti idrica, fognaria, elettrica, del gas. Soprattutto nelle grandi intersezioni fra più linee, come presso le stazioni ferroviarie o nel ventre urbano delle Halles (il quartiere dell’ex mercato alimentare centrale), la creazione di ogni nuovo ascensore può rappresentare un rompicapo ingegneristico di prim’ordine. «Lo so, ci resta ancora molto da fare», ha ammesso Hidalgo sotto il fuoco delle domande dei giornalisti del mondo intero, ma riferendosi soprattutto all’accessibilità presso gli edifici pubblici cittadini e vantando al contempo la qualità dei mezzi pubblici di competenza dell’amministrazione comunale, ovvero gli autobus e i tram, in teoria tutti fruibili per le persone con handicap. L’accessibilità alla metropolitana è invece una competenza della Regione parigina (Île de France), di concerto con la società statale dei trasporti parigini (Ratp). Dunque, il fatto che solo una linea su 16 rispetti interamente le norme è un buco nero che politicamente imbarazza soprattutto l’esecutivo regionale guidato dall’ex ministra neogollista Valérie Pécresse, di diverso colore politico rispetto alla giunta della capitale. Secondo gli esperti, il cantiere dell’adattamento è teoricamente colossale. Basti pensare che hanno ottenuto finora l’attestazione «accessibile al 100%» solo 35 stazioni sulle 300 della densa rete, ovvero appena il 10%: un’ombra che le autorità si sono impegnate a correggere, ma con un certo ritardo rispetto alle richieste delle associazioni di persone con handicap. Su questo fronte, di fatto, Parigi sfigura rispetto ad altre città olimpiche come Tokyo o Barcellona, che esibiscono tassi di accessibilità ben più alti. «È la nostra più grande sfida nel prossimo decennio», ha dichiarato Pécresse, ricordando che gli investimenti approvati sono dell’ordine di 1,5 miliardi di euro. Ma al contempo, la Regione viene spesso accusata di aver privilegiato di gran lunga l’estensione della rete, con cantieri che impegneranno circa 10 miliardi. Di fronte alle polemiche, sono state moltiplicate pure le soluzioni provvisorie. Così, gli atleti delle Paralimpiadi saranno fino all’ultimo trasportati tutti presso i 17 siti sportivi, su vetture o bus equipaggiati che possono in teoria beneficiare di corsie privilegiate. Per quanto riguarda il pubblico, le valutazioni degli organizzatori ruotano attorno a una media di 2.500 persone su sedia a rotelle al giorno, contro circa 4mila per le Olimpiadi. Per loro, sono stati previsti un centinaio di minibus, a cui si affiancano pure dei taxi speciali muniti di un dispositivo d’accesso. Nel complesso, grazie a delle sovvenzioni, quest’ultima flotta è stata moltiplicata per 5, passando da 200 a circa un migliaio di veicoli. Rispetto alla metropolitana, inoltre, la situazione è decisamente migliore presso la rete dei treni espressi regionali veloci, con 181 stazioni accessibili su 209. Secondo le principali associazioni di persone con handicap, le barriere architettoniche restano in ogni caso un nodo doloroso per i 62mila abitanti della regione parigina su sedia a rotelle, sullo sfondo di un totale di 4,8 milioni riconosciuti «in situazione di mobilità ridotta», per via dell’età avanzata o di handicap non solo strettamente motori, ad esempio visivi o cognitivi. A proposito della metropolitana, un documento ufficiale dell’organismo pubblico che coordina le reti di trasporto regionali (Idfm) sostiene che in futuro si potrà agire realisticamente solo privilegiando certe stazioni, a macchie di leopardo, poiché «i lavori, oltre ad avere un costo finanziario smisurato, richiedono fra 7 e 10 anni per ogni linea, con un impatto enorme sul traffico generale quotidiano ». Sul famoso metrò parigino, dunque, la piena accessibilità dovrebbe continuare a concentrarsi solo sui rami periferici costruiti di recente, come il prolungamento della linea 14 verso l’aeroporto di Orly. Al di là degli slogan, ogni rivoluzione in materia potrebbe di fatto restare un miraggio.