Il “testamento spirituale” è un genere letterario al quale i cristiani sono abituati: figure di alto profilo, rese consapevoli dall’età o dalla malattia dell’approssimarsi della fine, lasciano un breve testo scritto che, post mortem, ne riassume l’eredità ideale. Dal canto suo sempre più spesso la Rete offre delle opportunità – da maneggiare con estrema prudenza – all’elaborazione del lutto. Devo al “Landino”, piccolo blog nel quale un gruppo di ex membri della Fuci si ritrova a riflettere di Chiesa e di politica, la scoperta di un testamento spirituale ( bit.ly/35dYqU1 ) affidato alla circolazione sui social network: ovvero di una contaminazione semplice e virtuosa fra tradizione e new media. È di padre Antoine Sondag, prete di Metz scomparso il 7 novembre scorso. Già segretario di Giustizia e pace e collaboratore di Soccorso cattolico, «ha rivolto il suo sguardo competente ed esigente sui Paesi del mondo e il fenomeno della povertà», ha detto di lui il vescovo Eric de Moulins–Beaufort; il sito della comunità internazionale di intellettuali e docenti cattolici “MIIC Pax Romana”, di cui era amico, membro ed ex cappellano, ha convocato su Zoom un incontro internazionale in sua memoria. «Se stai guardando questo video, se stai ascoltando la mia voce, sarà perché sono morto. Ho il cancro», dice in apertura di un filmato di 4 minuti ( bit.ly/35iphOR ), spoglio, la videocamera fissa che lo riprende a mezzo busto, vestito normalmente. Riassume in tre parole gli atteggiamenti che lo animano: grazie, perdono, speranza. Pronuncia 13 «grazie» bellissimi: non saprei scegliere il più intenso. Il perdono che chiede a «quei tanti che avrei potuto aiutare, a cui avrei potuto dare una mano ma non l’ho fatto» evoca la strada da Gerusalemme a Gerico. La sua speranza è la nuda accoglienza della «gratuità» della «sopravvivenza» e di «quel Cristo che ci ha aiutato a superare la vita e che ci aiuta anche a superare la morte». «Chiudo gli occhi», termina, «su questo mondo doloroso, drammatico ma magnifico».
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