sabato 24 agosto 2002
Le persone prive di inibizioni non sono affatto le più amabili, e nemmeno le più libere.Curiosamente, scopro tra i libri della casa in cui sono in vacanza coi miei familiari un'edizione dei Minima moralia del filosofo tedesco Theodor W. Adorno (1903-1969): non so quando l'acquistai né se mai lo lessi integralmente. Sfoglio queste pagine un po' ingiallite e m'imbatto in una tra le tante riflessioni che il filosofo di Francoforte dedica alle contraddizioni della società di massa. Ai nostri giorni mostrarsi disinibiti è quasi un punto d'onore. La televisione è, al riguardo, una scuola che non conosce vacanze. E per questa via si è convinti di essere spigliati, amabili, superiori e soprattutto veramente liberi.Non c'è bisogno del sapere di Adorno per smentire questo luogo comune che purtroppo affascina giovani e persino anziani. Il risultato, infatti, non è né amabilità né libertà, bensì volgarità e imitazione. Si diventa quasi come scimmiette ammaestrate che ripetono i gestacci estremi del tale uomo di spettacolo o del personaggio di turno. Si è simili a pappagalli ai quali si sono insegnate le parolacce per scandalizzare. In realtà, i disinibiti fanno pena
e infastidiscono, se appena si ha un po' di gusto e di onestà intellettuale. Perciò, non impressioniamoci di questi nani e ballerine e continuiamo a conservare il senso vero della libertà, della dignità, del buon gusto, della bellezza, dell'affabilità, anche se è vero - come diceva Bacchelli - che «gli stupidi impressionano, non foss'altro che per il numero».
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