domenica 8 settembre 2019
Francesco visita la "Città dell'amicizia" fondata da un argentino. "Qui il grido degli ultimo è diventato canto di speranza". La realizzazione ha trasformato una discarica in un quartiere dignitoso
Papa Francesco alla Città dell'amicizia (ansa)

Papa Francesco alla Città dell'amicizia (ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

"La povertà non è una fatalità". Padre Pedro lo dice e il Papa lo ripete, facendo proprio il concetto. Sì, la povertà non è una fatalità e la “Città dell'amicizia” di Akamasoa, alla periferia di Antananarivo, ne è una dimostrazione concreta. Gli ottomila ragazzi che accolgono il Pontefice con grida di giubilo dall'altissimo livello di decibel, canti e balli bellissimi, ne sono una dimostrazione. I loro genitori che hanno tutti un lavoro ne sono una dimostrazione. E Francesco non può fare a meno di notare: "Il grido dei poveri si è trasformato in canti di speranza. Ogni angolo di questi quartieri, ogni scuola o dispensario è un canto di speranza, che smentisce e mette a tacere ogni fatalità".

Del resto basta guardarsi attorno. La strada che si inerpica fino all'auditorium del centro attraversa grappoli di case abbarbicate sui fianchi di una collina come i bimbi per strada alle braccia delle madri. Non sono lussuose, ma dignitose sì. E assicurano un tetto a chi fino a qualche decennio fa non ce l'aveva, anzi rovistava nella spazzatura per sopravvivere. Sì, perché il villaggio “Casa dell'amicizia” è stato fondato nel 1989 dal missionario argentino padre Pedro Opeka, ex allievo di Bergoglio a Buenos Aires ("ma non aveva voglia di studiare, solo di lavorare", scherza il Papa nel saluto iniziale), trasferitosi in Madagascar nel 1970. E' lui il fondatore di questa incredibile realizzazione, che oggi dà da vivere a circa 25mila persone dei villaggi circostanti. Inoltre 30mila poveri arrivano ad Akamasoa ogni anno per ricevere aiuti specifici e 14 mila bambini accedono ad un percorso scolastico regolare.

Un miracolo? Il Papa, apparso visibilmente felice del clima e dell'accoglienza, dà atto al missionario che si tratta di una realizzazione straordinaria. "Alla base - ricorda - troviamo una fede viva che si è tradotta in azioni concrete capaci di spostare le montagne. Una fede che ha permesso di vedere possibilità là dove si vedeva solo precarietà, di vedere speranza dove si vedeva solo fatalità, di vedere vita dove tanti annunciavano morte e distruzione". E così ai giovani della “Città dell'amicizia” Francesco ascia un messaggio molto chiaro. "Non arrendetevi mai davanti agli effetti nefasti della povertà, non cedete mai alle tentazioni della vita facile o del ripiegarvi su voi stessi". "Akamasoa - aggiunge - è l'espressione della presenza di Dio in mezzo al suo popolo povero. Non una presenza sporadica occasionale: è la presenza di Dio che ha deciso di vivere e rimanere sempre e mezzo al suo popolo".

Subito dopo Papa Bergoglio si reca nella cava di granito che sorge a poca distanza e che è stata la leva del riscatto usata da padre Pedro per iniziare la sua trasformazione. Egli infatti propone un piccolo salario e quindi la possibilità di vivere una vita più dignitosa a chiunque voglia lavorare nella cava. Lì il Pontefice prega insieme con i lavoratori. Dio di giustizia – invoca tra l'altro Francesco - tocca il cuore di imprenditori e dirigenti: provvedano a tutto ciò che è necessario per assicurare a quanti lavorano un salario dignitoso e condizioni rispettose della loro dignità di persone umane". E ancora: "Prenditi cura con la tua paterna misericordia di coloro che sono senza lavoro, e fa’ che la disoccupazione - causa di tante miserie - sparisca dalle nostre società. Ognuno conosca la gioia e la dignità di guadagnarsi il pane per portarlo a casa e mantenere i suoi cari". La preghiera si conclude poi con l'affidamento dei lavoratori a San Giuseppe.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI