Carlotta, infermiera di Medici senza frontiere, all'ospedale di Codogno in sostegno agli operatori sanitari locali che devono fronteggiare l'epidemia di coronavirus - Msf
Caro direttore,
ci troviamo nel mezzo di una pandemia che per la prima volta toccherà ognuno di noi, le nostre famiglie, i nostri amici, le nostre comunità e, naturalmente, i nostri pazienti. Mentre pianifichiamo la risposta di Medici Senza Frontiere (Msf), noi tutti dobbiamo prenderci del tempo per guardarci l’un l’altro e offrirci sostegno e solidarietà.
Mentre scrivo, il Covid–19 ha già avuto un impatto su molti Paesi e continuerà a interessare sempre più comunità nelle prossime settimane e mesi.
Sebbene la nostra capacità di rispondere alla pandemia sarà limitata, Msf si è attivata. Abbiamo iniziato a supportare in Italia alcuni ospedali nel Lodigiano. In Francia, Spagna e Belgio contribuiremo a fornire assistenza a gruppi vulnerabili come i senzatetto o i migranti. In Grecia siamo in contatto con l’Organizzazione nazionale della sanità pubblica e chiediamo con ancora più insistenza l’evacuazione dei campi profughi sulle isole. In Iran, Afghanistan e altri Paesi in cui lavoriamo, abbiamo contattato le autorità per valutare le loro esigenze, offrire supporto e fornire eventuale assistenza.
Allo stesso tempo dobbiamo continuare a occuparci quotidianamente dei nostri pazienti negli oltre 70 Paesi dove operiamo. Fornire cure in particolare a chi vive in condizioni precarie, come nei campi rifugiati, o a chi non ha adeguato accesso all’assistenza medica. Ci troviamo di fronte a enormi sfide, dall’agevolare gli spostamenti del nostro personale fino a garantire forniture mediche, in particolare i dispositivi di protezione individuale, sia per i nostri programmi medici regolari sia per qualsiasi risposta relativa all’emergenza Covid–19. E dobbiamo continuare ad alzare la voce pubblicamente, ancora più forte del solito, per garantire che le popolazioni vulnerabili e invisibili non vengano dimenticate.
Msf userà tutta la sua influenza per promuovere azioni di solidarietà. Dato che il coronavirus non conosce confini, anche la reazione collettiva a questa pandemia deve essere senza confini. Le forniture devono essere inviate a chi ne ha più bisogno. Gli operatori sanitari devono essere protetti per consentire loro di affrontare l’epidemia per settimane e mesi. La condivisione di dati, conoscenze, risorse e personale può fare la differenza nel consentire ai servizi sanitari nazionali di far fronte a questa emergenza.
Nella gara per fornire nuovi strumenti per affrontare la malattia, la necessità di diagnosi, trattamenti efficaci e un vaccino non può diventare l’ultima asta dell’industria farmaceutica, venduta al miglior offerente. Nella lotta per contenere questa pandemia, nessuno deve essere lasciato indietro.
Christos Christou è presidente internazionale di Medici Senza Frontiere (Msf)