giovedì 18 aprile 2024
La segretaria generale Callamard: «I minori, le donne e gli uomini che si trovano nei campi e nelle strutture detentive subiscono una crudeltà e una violenza scioccanti»
Profughi siriani

Profughi siriani - ANSA

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Picchiati, sottoposti a scariche elettriche, lasciati in condizioni inumane. Sono alcune delle atrocità e violenze a cui sono sottoposte le oltre 56mila persone, più della metà minorenni, detenute nel nordest della Siria, accusati di aver aderito al Daesh e preso parte al Califfato islamico fondato tra Siria e Iraq. La denuncia arriva dal nuovo report “Conseguenze. Ingiustizia, torture e morti in detenzione nel nordest della Siria” pubblicato da Amnesty International.

Sono ormai trascorsi più di cinque anni dalla sconfitta territoriale del cosiddetto Stato islamico, ma decine di migliaia di persone restano detenute arbitrariamente e a tempo indeterminato. Si tratterebbe di 11.500 uomini, 14.500 donne e 30 mila minorenni detenuti in almeno 27 centri di detenzione e nei due campi di al-Hol e Roj. Tra queste, anche vittime del Califfato islamico, tra cui decine di appartenenti alla minoranza religiosa yazida, donne e ragazze vittime di matrimoni forzati e minorenni arruolati a forza.

Nel 2014 venne istituita una coalizione anti-Stato islamico dal dipartimento della Difesa americana con il coinvolgimento di diversi paesi arabi e occidentali. L'intervento militare mirava a interdire l'espansione dei jihadisti estremisti del cosiddetto Stato Islamico.

«Le autorità autonome – ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International – hanno commesso crimini di guerra, tortura e trattamento crudele e probabilmente anche quello di uccisione. I minori, le donne e gli uomini che si trovano nei campi e nelle strutture detentive subiscono una crudeltà e una violenza scioccanti». Amnesty accusa il governo statunitense di aver avuto un ruolo centrale nella creazione e nel mantenimento di questo sistema detentivo.

Secondo quanto riportato dal report, attraverso i finanziamenti del Congresso, la coalizione guidata dagli Usa ha ristrutturato i centri di detenzione esistenti e ne ha costruiti di nuovi. Tra le persone detenute, la maggior parte delle quali catturate all’inizio del 2019 durante la fase finale dei combattimenti con il cosiddetto Stato islamico, ci sarebbero siriani, iracheni e cittadini di altri 74 stati. Amnesty documenta due tipologie di detenzioni: strutture detentive chiuse e campi all’aperto.

Amnesty, pur riconoscendo il ruolo avuto dagli Usa nel mitigare le violazioni dei diritti umani, ne sottolinea le responsabilità: «La coalizione guidata dagli Usa, insieme alla più ampia comunità internazionale, ha anche abbandonato le vittime dei crimini dello Stato islamico e le loro famiglie che attendono ancora indagini efficaci e giustizia. Le autorità autonome, attori non statali con risorse limitate e operanti tra conflitti ancora in corso, si sono sobbarcate il più grande onere della crisi».

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