La discussione sulle unioni civili arriva in commissione Giustizia al Senato a uno snodo cruciale. Di fronte alla mole di emendamenti – circa 1.600 quelli agli atti, nonostante la sforbiciata – il governo e la relatrice Monica Cirinnà (del Pd) dovranno esprimere il loro loro parere sugli stessi dando un primo orientamento. Soprattutto dovranno decidere se strozzare o meno il dibattito che attraversa la maggioranza e lo stesso Pd su questioni cruciali. All’indomani della grande manifestazione di sabato in piazza San Giovanni parole di apertura erano arrivate da Maria Elena Boschi: «Credo che quella piazza vada ascoltata», aveva detto il ministro per le Riforme, auspicando una soluzione che tenesse conto sia dei diritti degli omosessuali, sia delle richieste delle famiglie. «Se le persone si mettono al lavoro per trovare punti di convergenza, e io sono convinta che si possa fare e sono ottimista, riusciremo a dare risposte ad entrambi». E non si è trattato solo di una enunciazione di principio. In vista dello snodo di oggi pomeriggio il Pd ha in programma stamattina una riunione ad alto livello, coordinata dal capogruppo al Senato Luigi Zanda, e che vedrà la partecipazione della stessa Boschi, della responsabile del settore Welfare e Diritti Micaela Campana, del vice capogruppo Giorgio Tonini, del capogruppo in commissione Peppe Lumia, della relatrice Cirinnà, oltre al vicecapogruppo Stefano Lepri ed Emma Fattorini, che sono i capofila dell’emendamento che chiede un intervento incisivo a modifica del testo. Emendamento con le adesioni di 35 senatori, che mette il dito nella piaga delle principali criticità che in molti segnalano. Da un lato il rimando continuo e costante alla disciplina del matrimonio che espone la normativa a possibili ricorsi per equiparare la normativa in tutto e per tutto al matrimonio. Con precedenti in Austria e Germania che fanno da apripista. Dall’altro la cosiddetta
stepchild adoption, ossia l’adozione del figlio del partner già prevista nel testo, che viene vista come un cavallo di Troia, con all’orizzonte - sostengono in particolare nel Ncd - l’apertura a pratiche finora vietate come l’utero in affitto. Un incontro complicato, con Tonini, insieme alla Boschi, nel ruolo di mediatore: «Si tratterà di fugare i dubbi sollevati dai colleghi, chiarendo che la nuova normativa si basa sull’articolo 2 della Costituzione (che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, «sia come singolo sia nelle formazioni sociali») e non sull’articolo 29, che tutela la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio», spiega. «Si dovrà trovare la soluzione giusta, e i nostri tecnici ci stanno lavorando da tempo». Ma si tratterà di fare i conti con posizioni, fin qui di netta chiusura a ogni correzione di rotta. »Le unioni civili - si dice certo Lumia - non sono contro la famiglia». E giudica la Cirinnà una «buona mediazione, per uniformare la nostra legislazione a quella degli altri Pesi europei. Anche la responsabile diritti del Pd Campana resta convinta: «La legge sulle unioni civili non toglie niente alla famiglia tradizionali». E spinge: «Nessuno stratagemma fermerà la discussione in corso per riconoscere diritti alle coppie, che finora sono senza, e ai loro figli che sono trattati alla stregua di bambini di serie b. Bisogna colmare al più presto questo vuoto legislativo».Ma il capogruppo in Commissione Giustizia di Ncd Carlo Giovanardi chiama in causa Forza Italia. Che in Commissione ha espresso il suo no con Maurizio Gasparri e Lucio Malan. Ma nel partito convivono posizioni diverse. E allora Giovanardi si rivolge al suo ex leader, ricordando precedenti battaglie: «Caro Silvio, bisogna essere chiari: la posta in gioco non sono i diritti e la non discriminazione», quanto la pretesa di arrivare «tramite le unioni civili alla compravendita di ovociti, e all’utero in affitto», sacrificando «il superiore interesse del bambino ad aver un padre ed una madre». E Il Pd dovrà scegliere: aprire al dialogo o rinnovare l’anomalo asse con M5S.