Gli insegnanti italiani saranno obbligati a seguire corsi di formazione e aggiornamento per migliorare, tra le altre, anche le competenze relative «all’educazione all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere». Lo prevede il decreto 104/2013 “La scuola riparte”, approvato dalla Camera, che oggi comincia il proprio iter al Senato. Palazzo Madama sarà impegnato in una vera e propria corsa contro il tempo: il decreto scade l’11 novembre.Dietro la formulazione della lettera “d” del comma 1 dell’articolo 16 del decreto, che per le attività di formazione dei docenti stanzia 10 milioni di euro, c’è però una dura battaglia in commissione Cultura della Camera. Il testo originario dell’emendamento, presentato da una parte del Pd, Sel e Movimento 5 Stelle, era molto più “esplicito” e prevedeva che la formazione avesse come oggetto il “gender”, teoria secondo cui non c’è un legame biunivoco tra sessualità biologica e identità sessuale. E il riferimento al gender non era riservato soltanto alla formazione ma a tutti gli ambiti dell’educazione scolastica. Nei testi l’espressione più ricorrente era «educazione sentimentale», diventata poi «educazione all’affettività». Nell’articolato definitivo il termine “gender” è stato poi tradotto con “genere”, ma è rimasto il riferimento agli “stereotipi”.Da queste premesse, si capisce come sia molto elevato il rischio che un professore, che in classe voglia parlare di famiglia - intesa come società naturale composta da un uomo, una donna e dai loro figli - sia “accusato” di non rispettare le diversità di genere, di riproporre degli stereotipi e quindi obbligato ad “aggiornarsi”. L’infelice vicenda della scuola paritaria di Torino, messa all’indice e accusata di omofobia per il solo fatto di aver organizzato una “scuola per genitori” sui temi della sessualità, la dice lunga a riguardo. Per come è stata ideologicamente impostata, la stessa legge contro l’omofobia, combinata con questa parte del decreto scuola, avrebbe effetti devastanti sull’educazione dei ragazzi e, di fatto, bandirebbe la famiglia “tradizionale” dalla scuola. Sarebbe persino vietato parlarne.La formazione dei docenti non è, comunque, l’unico aspetto problematico del decreto scuola che il Senato, se vuole, può ancora modificare. Una nota della presidenza nazionale della Fidae, la Federazione delle scuole paritarie cattoliche, ricorda un «limite di fondo»: non tenere conto che il sistema scolastico è integrato, composto cioè da scuole statali e scuole paritarie. «Pertanto – si legge nel documento della Fidae – i dispositivi che questo disegno di legge mette in campo per la scuola statale dovrebbero essere a sostegno dell’intero sistema senza alcuna discriminazione di uno dei soggetti che lo costituiscono, cioè la scuola paritaria».Sui finanziamenti si concentra anche il segretario generale della Cisl Scuola, Francesco Scrima. «Si può comprendere la rigorosa attenzione al contenimento dei costi – dichiara – ma è indice di grave miopia non capire che la spesa per dare più efficacia al sistema di istruzione è un investimento necessario al Paese».