mercoledì 8 maggio 2024
Il trasporto delle merci europee è responsabile di un quarto delle emissioni globali di gas serra: può la navigazione sui fiumi essere considerata una soluzione a basso impatto ambientale?
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Il trasporto delle merci europee è responsabile di un quarto delle emissioni globali di gas serra: può l’utilizzo della navigazione lungo i fiumi essere considerata una soluzione a basso impatto ambientale? E per quanto tempo lo stesso trasporto fluviale potrebbe essere un’alternativa valida considerato il cambiamento climatico in atto? C’è effettivamente il rischio concreto che le vie d’acqua dolce diventino meno affidabili per il trasporto in futuro. Oggi i fiumi trasportano meno del 2% delle merci europee, mentre 6 milioni e mezzo di camion attraversano le strade europee, rappresentando l’80% del trasporto merci, e la rete ferroviaria copre solo il 5% del trasporto commerciale nel Vecchio Continente. Secondo un calcolo, effettuato da Bloomberg sulla base di dati Eurostat, fiumi e canali in Europa trasportano più di una tonnellata di merci all’anno per ciascun residente nell’Unione Europea, contribuendo così per circa 80 miliardi di euro all’economia continentale. Va ricordato che il trasporto fluviale ha il duplice vantaggio di non essere condizionato dal traffico e dunque essere meno soggetto ai ritardi nelle consegne e al tempo stesso di avere un basso costo rispetto alle alternative terrestri, su ferro e su gomma.

In altre parole, nel nord Europa i 37mila chilometri di corsi d’acqua dolce possono effettivamente essere sfruttati come alternativa ai camion sulle strade, che sono la principale fonte di emissioni di merci?

Stando ai piani del cosiddetto Green Deal europeo, il progetto di decarbonizzazione dell’Ue trasformerebbe i fiumi in autostrade e raddoppierebbe il traffico di chiatte entro il 2050. In prima fila la Francia, che è uno dei Paesi che ha già aumentato gli investimenti su queste vie di trasporto ritenute meno inquinanti: l’ambizione del governo francese è trasformare la Senna in uno dei principali hub sperimentali per la transizione climatica. E al tempo stesso, riuscire a trasportare sui fiumi una quantità di merci quattro volte superiore rispetto ai 20 milioni di tonnellate che movimenta attualmente ogni anno.

Haropa, il principale operatore portuale francese, ha accelerato l’espansione del porto di Le Havre, che si trova alla foce della Senna, nel tentativo di attirare navi dai porti più grandi di Rotterdam nei Paesi Bassi o Anversa, in Belgio. «Stiamo lavorando a una trasformazione per convincere le aziende a spostare massicciamente i loro percorsi logistici», ha spiegato al New York Times, Stéphane Raison, presidente di Haropa, che sta investendo oltre 1 miliardo di euro solo per far aumentare il trasporto fluviale sulla Senna. Un caso unico riguarda la più grande catena di supermercati francesi, Franprix, che da un decennio trasporta le merci via chiatta per i suoi 300 punti vendita parigini. I lavoratori scaricano 42 container ogni mattina vicino alla Torre Eiffel e ciò permette di risparmiare 3.600 viaggi in camion all’anno sulle autostrade e ha ridotto le emissioni di carbonio di Franprix del 20%.

Al di là dell’accelerazione francese sul trasporto fluviale sulla Senna, in Europa il fulcro della rete delle vie navigabili interne è sicuramente il fiume Reno, che attraversa Germania e Paesi Bassi: collegato al Danubio tramite un canale, corre per circa 800 miglia attraverso zone industriali svizzere e tedesche prima di sfociare nel mare del Nord nel porto olandese di Rotterdam. È una via d’acqua quasi insostituibile per alcune aziende, soprattutto considerando che la rete ferroviaria tedesca è afflitta da una congestione cronica, mentre il passaggio alla rete stradale non è altrettanto semplice. Sono necessari più di 110 camion per trasportare lo stesso carico di una chiatta media e la Germania soffre di una carenza di ben 80mila camionisti, resa ancora più grave dal ritorno degli ucraini a casa per combattere l’invasione russa.

Per tutte queste ragioni il fiume Reno può ambire a essere trasformato in uno dei principali centri sperimentali per la transizione climatica; aziende come Ikea e altre startup del trasporto fluviale stanno contribuendo a dare impulso, sviluppando servizi di consegna dell’ultimo miglio senza emissioni di carbonio per attirare i consumatori e per superare le rigide norme ambientali che le città europee stanno imponendo per limitare i veicoli pesanti e inquinanti nei centri cittadini.

Il riscaldamento del pianeta però sta aumentando le difficoltà di questa sfida ecologica che riguarda tutta l’Europa. La siccità ha provocato un abbassamento delle acque dolci in certi punti, rendendo molto complicata la navigazione, col risultato che numerose navi e chiatte destinate al trasporto delle merci sono state bloccate, o comunque il loro transito è stato notevolmente rallentato. Un primo allarme era scattato nel 2018, quando il Reno raggiunse i minimi storici e il trasporto sul fiume quasi cessò, riducendo di 5 miliardi di euro la produzione industriale tedesca. Per quanto riguarda il livello delle acque, se si arriva al di sotto di 40 centimetri il trasporto fluviale diventa economicamente svantaggioso. Secondo l’agenzia statistica tedesca, nel 2022 la Germania ha registrato il minor volume di scambi sul Reno e altre vie navigabili interne almeno dal 1990.
E con l’intensificarsi della crisi climatica, la situazione non potrà che peggiorare. I principali sistemi fluviali europei sono in parte alimentati dai ghiacciai alpini. In primavera e in estate, la portata di corsi d’acqua aumenta con le precipitazioni, sebbene i flussi di ghiaccio si riducano. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, la regione alpina ha registrato un riscaldamento di 2 gradi dalla seconda metà del XIX secolo, circa il doppio della media globale. E gli scienziati prevedono che la copertura di ghiaccio alpino si dimezzerà entro il 2050, con la quasi totalità dei ghiacciai che scomparirà entro la fine di questo secolo.
Anche gli insediamenti umani e lo sfruttamento eccessivo del territorio stanno mettendo a dura prova i sistemi fluviali. Circa 58 milioni di persone vivono nella zona del Reno e la sua acqua viene utilizzata per bere, irrigare e produrre energia. La scarsità d’acqua nei bacini fluviali europei colpisce un quarto del territorio della regione, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente. Inoltre, se si vuole che in futuro i fiumi possano gestire più traffico, gran parte delle infrastrutture europee vecchie di decenni, compresi porti e chiuse, dovranno essere aggiornate.

Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), circa la metà della popolazione mondiale sperimenta già una grave scarsità d’acqua almeno per una parte dell’anno. Le Nazioni Unite hanno avvisato che il mondo «sta andando verso una crisi idrica globale», con una carenza del 40% delle risorse di acqua dolce prevista entro il 2030. Solo circa il 3,5% dell’acqua mondiale è acqua dolce, per lo più contenuta nei ghiacciai. Stefan Uhlenbrook, direttore del settore idrologia, acqua e criosfera dell’Omm, sostiene che la domanda di acqua sta «superando la disponibilità di acqua», e il cambiamento climatico non fa altro che rafforzare questo problema. La scarsità d’acqua, ma anche i rischi di inondazioni e siccità prolungata si aggravano con il riscaldamento globale: cambiano i modelli delle precipitazioni, interrompendo l’intero ciclo dell’acqua. In altre parole, le forti piogge possono essere troppo intense perché le difese idriche esistenti possano reggere, mentre le inondazioni improvvise influiscono sulla qualità dell’acqua dolce. «Questa non è solo una sfida ambientale – ha spiegato Mina Guli, amministratore delegato della fondazione Thirst – è un rischio economico e commerciale. È un rischio che tocca la catena di fornitura. Le imprese e gli investitori finora non sono riusciti ad apprezzare l’enormità e la portata della sfida che stiamo affrontando quando si tratta di acqua».

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