venerdì 3 maggio 2024
Bocciato il recepimento della direttiva. Le regole su chi può gestire i diritti nel settore musicale in Italia vanno riscritte. E potrebbero aprire spazi per le Egi, Entità di gestione indipendente
Diritto d'autore, gli effetti della sentenza della Corte Ue

Ansa

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Il 21 marzo scorso la Corte di Giustizia Europea si è pronunciata in modo netto, e per certi versi rivoluzionario sulla gestione dei diritti d’autore per le opere musicali in Italia e nell’Ue bocciando la cosiddetta “liberalizzazione all’italiana”. Lo ha fatto con una sentenza che chiarisce l’interpretazione della direttiva Barnier sull’intermediazione di diritti d’autore e diritti connessi su opere musicali. La Corte ha così ordinato di attuare una completa liberalizzazione del settore dell’intermediazione in ambito musicale, con un impatto dirompente sul duopolio Siae-Lea in Italia.

Nel 2021 Lea – l'associazione italiana Liberi Editori e Autori (rappresentante di Soundreef per l’Italia) - aveva incardinato al Tribunale di Roma un contenzioso cautelare contro Jamendo, una piattaforma web con sede in Lussemburgo che distribuisce e licenzia opere musicali indipendenti. Lea sosteneva che l’attività di Jamendo sul mercato italiano fosse illegittima e anticoncorrenziale in base al “decreto 35” del 15 marzo 2017, con cui il governo italiano ha recepito la direttiva comunitaria: tale decreto, infatti, pur prevedendo che in linea di principio i soggetti abilitati a fornire servizi di intermediazione dei diritti d’autore oltre alla Siae ed agli organismi di gestione collettiva (Ogc, quale appunto Lea) potessero essere anche le Entità di gestione indipendente (Egi), aveva però lasciato sostanzialmente immutata la precedente normativa italiana sul diritto d’autore.

Jamendo, assistita dallo studio legale CBA, con un team composto dall’avvocato Mattia Dalla Costa insieme ad Alessia Ferraro e gli associati Anna Iorio e Giulia Cipriani e all’ avv. Gabriele Donà dello studio Donà-Viscardini per gli aspetti processuali, ha contestato il duopolio di Siae e Lea e ha eccepito in tale procedimento l'illegittimo recepimento da parte del legislatore italiano della “direttiva Barnier”, evidenziando che la normativa europea prevede la possibilità per gli autori di affidare la gestione dei propri diritti di proprietà intellettuale alla società che preferiscono all'interno dell'Unione Europea, liberamente scegliendo alternativamente tra Ogc ed Egi. La sentenza della Corte di giustizia Ue ha stabilito infatti che le norme nazionali italiane rappresentano “una restrizione alla libera prestazione dei servizi che non è né giustificata né proporzionata”, ritenendola pertanto incompatibile con una delle norme del Trattato dell’Unione Europea. In conseguenza di tale decisione andrà modificato l'impianto normativo italiano attuale; e questa modifica sembra poter avvenire solo nel senso di una apertura del settore anche alle Egi, solitamente costituite da società private.

«Questa sentenza, oltre a garantire la piena libertà di scelta in capo ad autori e musicisti circa il soggetto a cui affidare l’intermediazione dei propri diritti, sancisce finalmente la piena liberalizzazione del mercato, rivoluzionando il quadro normativo non solo italiano ma europeo: vengono così eliminate posizioni monopolistiche che risultavano ormai anacronistiche rispetto alle attuali caratteristiche del mercato dell’entertainment in generale (film, video, gaming) e di quello musicale in particolare, sempre più globali, veloci e interconnessi - dichiara Mattia Dalla Costa -. Ammontano a centinaia di milioni di euro gli interessi economici sottostanti alla gestione dei diritti d’autore nel campo audiovisivo in Italia ed in Europa, specie nel settore online (streaming e download) che costituisce il 65% del mercato. L’Italia è il quarto mercato europeo dopo Regno Unito, Germania e Francia e grandi sono le opportunità di sviluppo».


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