mercoledì 24 aprile 2024
È Gesù la porta della vita eterna. Che chiama “todos todos todos” a deporre l’uomo vecchio per vestire i panni di quello nuovo. E riscoprire la dimensione della missionarietà
Porta Santa. Oltre la soglia, l’incontro con Cristo che salva

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Tra le parole del Giubileo, “Porta” – con il suo appellativo “santa” – occupa un posto preminente per i molteplici elementi simbolici e spirituali che racchiude, anche se, è bene ricordarlo, il segno della porta non è tra quelli costitutivi dell’esperienza giubilare, ma si è aggiunto cammino facendo. Secondo la versione più accreditata dagli storici, la porta santa fu aperta per la prima volta nel Giubileo del 1423 a San Giovanni in Laterano. Ma esistono documenti che la farebbero risalire, sempre in riferimento alla Cattedrale di Roma, al 1350 (il secondo Anno Santo della storia), indetto da Clemente VI. Ciò che è certo è che la Porta santa venne aperta per la prima volta a San Pietro da Alessandro VI solo nel 1500, sancendo di fatto la “primazia” di questa porta rispetto a quelle delle altre tre basiliche oggi papali. E infatti nella Bolla di indizione dell’Anno Santo del 1525 Clemente VIII confermerà di voler aprire personalmente la Porta di San Pietro, delegando altri per quelle di San Paolo, San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore.

Sempre più, da allora in poi, si afferma la forza simbolica della Porta santa. Che non è solo la meta cui tende il pellegrino in viaggio verso Roma in occasione del Giubileo, o il segno, con la sua apertura, dell’inizio del periodo giubilare, e della fine con la sua chiusura. La simbologia della Porta affonda infatti le sue radici nella Scrittura, precisamente il capitolo 10 del vangelo di Giovanni: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo». Il gesto esprime la decisione di lasciarsi guidare da Gesù, che è il Buon Pastore, segnando così il passaggio dal peccato alla grazia.

La porta è allo stesso tempo confine e legame. E se da un lato (il confine appunto) essa distingue tra un dentro e fuori la Chiesa, dall’altro il suo essere aperta durante il Giubileo, fa sì che il transito dal mondo esterno alla comunità dei credenti sia agevolato al massimo, diventando anzi un esplicito invito a entrare, rivolto – come spesso ripete papa Francesco – a todos todos todos. Come meta del pellegrinaggio, inoltre essa finalizza i propositi che lungo il cammino il fedele ha formulato. Varcando quella soglia – che san Giovanni Paolo II in un suo libro definì «della speranza» e che torna attuale oggi, dato che il Giubileo 2025 proprio alla speranza è intitolato – ognuno depone in un certo senso l’uomo vecchio per vestire i panni di quello nuovo in Cristo-porta della vita eterna.

Il pontificato di papa Francesco ha aggiunto nuovi elementi alla simbologia classica. Con la sua costante esortazione alla Chiesa in uscita, il Papa ci ricorda infatti che gli “entrati” non possono limitarsi a restare dentro, ma devono riscoprire la dimensione della missionarietà propria di ogni cristiano (anche nei confronti di coloro che per diverse ragioni fossero usciti dalla Chiesa). E con la decisione di aprire Porte sante in tutte le diocesi del mondo, in occasione del Giubileo della misericordia celebrato tra il 2015 e 2016, egli ha di fatto allargato il simbolo, rendendolo davvero fruibile per tutti. Vedremo il 9 maggio, data in cui sarà pubblicata la Bolla di indizione del Giubileo, se questa misura verrà confermata.

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