sabato 20 aprile 2024
Nasce un manifesto che raccoglie le sollecitazioni nate dal Social Forum che ha messo al centro numerosi temi: dal recupero del patrimonio immobiliare pubblico ad un nuovo welfare di comunità
La skyline di Bologna

La skyline di Bologna - Ansa

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A Bologna è successo un fatto eccezionale: 300 persone – molti giovani – provenienti da tutta Italia, dalla rete del Terzo settore, da organizzazioni sindacali, movimenti, mondo della ricerca e della finanza etica, hanno dialogato, hanno messo in condivisione buone pratiche e proposte per elaborare insieme un piano d’azione, un’agenda di punti e priorità per contrastare la crisi abitativa. Centinaia di migliaia di persone in tutta Italia - studenti, lavoratori, famiglie - oggi per tante ragioni non hanno accesso alla casa né ai servizi essenziali: mettere al centro dell’agenda politica del Paese questo problema, ormai endemico, significa battersi per la giustizia sociale, per garantire a tutte e tutti il diritto fondamentale alla casa e all’abitare la città. Il futuro del Social Forum si misurerà nella sua capacità di promuovere vertenze, proporre soluzioni dal basso e contribuire alla costruzione di politiche pubbliche che oggi sono inesistenti o insufficienti». Così Rossella Vigneri, presidente dell’Arci Bologna, descrive la “tre giorni” del Social Forum dell’Abitare che si è conclusa ieri a Bologna.

Nato dall’iniziativa di associazioni, sindacati e attivisti, il forum ha coinvolto anche le istituzioni e ha siglato un manifesto che a queste verrà sottoposto. Tre sono state le macro aree su cui i gruppi di lavoro hanno riflettuto. Il primo gruppo si è interrogato su come contrastare lo sbilanciamento tra il diritto all’abitare e il profitto: si è chiesto come recuperare o riconvertire a livello nazionale il patrimonio pubblico immobiliare inutilizzato. Il secondo ha avanzato proposte di abitare sociale e collaborativo, rimettendo al centro i territori nella riflessione sulle politiche abitative. Il terzo ha cercato di immaginare nuove esperienze di abitare sociale, un abitare che rientri nel perimetro dei beni comuni, che metta al centro le relazioni, con l’intento di pensare un nuovo welfare di comunità centrato su questo, che diffonda reti di mutualismo e cooperazione.

«Per parlare di diritto all’abitare è fondamentale un’alleanza trasversale come quella portata avanti dal Forum», ha detto la vice sindaca di Bologna con delega alla Casa, Emily Marion Clancy, a margine dei lavori cui ha partecipato. «Per affrontare questa grande questione del nostro tempo serve non solo competenza di tipo accademico e ricerca, ma anche il taglio sociale di chi conduce le lotte del diritto all’abitare, che chieda alla politica e soprattutto al Governo, finora assente, di rimettere al centro il tema, dedicando risorse e investimenti all’edilizia sociale». Il Comune di Bologna e la Città metropolitana, a inizio aprile, hanno siglato un protocollo sul canone concordato che è riuscito a mettere d’accordo davvero tutti, sindacati degli inquilini e dei proprietari, istituzioni e associazioni di categoria. Un accordo che tiene conto dell’aumento considerevole degli affitti a Bologna, che fanno i conti non solo con l’inflazione, ma anche col boom del turismo e il conseguente diffondersi degli affitti brevi.

Anche Francesco Rienzi del Sunia, sindacato degli inquilini, si dice soddisfatto dei lavori del Social Forum. «Il Comune di Bologna sta facendo il possibile – ha detto – ma servono politiche nazionali che siano efficaci nel contrastare il dilagare di affitti brevi in città come questa, dove ormai non c’è più posto per famiglie a medio e basso reddito, lavoratori e studenti fuorisede. Col Comune e altri sindacati abbiamo sottoscritto un protocollo per lo “sfitto zero” in edilizia residenziale pubblica, sono stati investiti 6 milioni di euro del Pon Metro per rendere agibili i 700 alloggi che oggi non lo sono», racconta. Positivo dunque il giudizio del sindacato sul Comune, «ma lo Stato è il grande assente: da due finanziarie non eroga il contributo affitto che si sommava al Reddito di cittadinanza e a quello per morosità incolpevole. Serve un Piano Casa serio, non solo condoni mascherati», conclude Rienzi.

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