giovedì 25 aprile 2024
Maria Pia Garavaglia, presidente dell'Associazione Partigiani Cristiani, ricorda il contributo di 35mila donne partigiane appartenenti a diverse formazioni, nella lotta al nazifascismo
Maria Pia Garavaglia

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«La Resistenza ora e sempre». Per Maria Pia Garavaglia, presidente nazionale dell’Associazione Partigiani Cristiani (Anpc), non è un semplice slogan ma «un impegno quotidiano e una condivisione che non potrà mai venire meno». Così, la lotta al nazi-fascismo che si concluse il 25 aprile di 79 anni fa e alla quale parteciparono circa 70mila militanti cattolici, i “ribelli per amore”, prosegue anche oggi per riaffermare e mettere in pratica i valori della Costituzione. «Per questo, come associazione, ci siamo incontrati con quella parte della popolazione trascurata, e ancora non considerata sufficientemente: le donne, componente importante della nostra Repubblica, oggi come allora».

Furono circa 35mila le partigiane, appartenenti alle diverse formazioni, che combatterono, rischiando la vita, chi come staffetta con funzioni di approvvigionamento e collegamento, chi nell’assistenza sanitaria, chi nello scontro armato. Gli esempi sono tanti. Dalla cattolica Tina Anselmi alla comunista Carla Capponi, dalla badogliana e liberale Maria Giulia Cardini, alla socialista Fernanda Paci Tiraboschi. Più di 4.500 furono arrestate, torturate, condannate, 623 vennero fucilate, impiccate o morirono in combattimento, circa tremila furono deportate in Germania. Mogli, madri, fidanzate, sorelle. «Si tratta di un esercito silenzioso e disarmato, di donne che si sono prese cura degli altri. Ma non possiamo dimenticare le religiose, come suor Enrichetta Alfieri, l’“Angelo di San Vittore” e le suore di clausura, come le clarisse di Roma. Adriano Ossicini – racconta Garavaglia – stava fuggendo dai tedeschi e bussò alla portineria del monastero: lo fecero entrare e passare dal corridoio delle celle e uscì dal convento, poco dopo, a pericolo scampato, da una porticina segreta, gli salvarono la vita».

«Così le donne conquistarono anche il diritto al voto, il 2 giugno – osserva la presidente Anpc – e 21, in maggioranza partigiane, furono le deputate elette all’Assemblea costituente che contribuirono alla definizione dei diritti fondamentali e dei doveri su cui si basa la nostra convivenza civile e quando fu approvato l’articolo 37 sulla parità di trattamento tra lavoratrici e lavoratori scesero dai loro scranni verso il centro dell’emiciclo tenendosi tutte per mano». Da qui nasce l’impegno di oggi, affinché quei principi vengano concretamente applicati: « La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore».

Ma sappiamo che ancora non è così. « Le donne devono essere consapevoli della loro funzione insostituibile, perché se mancano – afferma Garavaglia– viene meno, non solo una cultura e una sensibilità, ma una parte della stessa comunità che così si indebolisce. La donna deve partecipare, buttarsi in politica, non solo per tutelare i propri interessi ma quelli dell’intera collettività, deve impegnarsi nel volontariato e nei luoghi educativi». E quali sono le priorità? «L’effettiva parità nel lavoro, Scon una retribuzione adeguata e senza penalizzazioni se si ha figli, e la tutela della salute». C’è un dibattito acceso sulla legge 194.... «Sì, ma secondo me è una polemica inutile – conclude –, io la legge sull’aborto non l’avrei toccata, in fondo prevede già che le associazioni debbano essere presenti nei consultori familiari».

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