Sono 18 anni che la lobby pro-eutanasia della Gran Bretagna sta cercando di introdurre il suicidio assistito proponendo ripetutamente una legge che rispecchia i contenuti di una in vigore dal 1997 nello Stato americano dell'Oregon. Se approvato, quando nel primo pomeriggio di venerdì 11 settembre andrà al voto alla Camera dei Comuni, il «Rob Marris’s Assisted Dying Bill» (la legge sulla "morte assistita" dal sessantenne deputato laburista che l’ha proposta) garantirà infatti ai medici di aiutare a morire i pazienti che ne fanno richiesta prescrivendo un farmaco letale. Unico limite sarà che al "diritto di morire" potranno accedere solo malati terminali consenzienti a cui non sono stati dati più di sei mesi di vita. Il primo voto su un disegno di legge analogo a quello che arriva a Westminster fu quello sul progetto firmato da Lord Joffe nel 2006 che trovò forte resistenza dall'allora governo guidato dal laburista Tony Blair. Poi è stato il turno di Lord Falconer che ha tentato di introdurre il suicidio assistito per ben due volte: una nel 2009 – ma la proposta di legge fu bocciata da entrambe le camere – e un’altra l'anno scorso alla Camera dei Lords, ma in questo caso l'iter parlamentare è scaduto a causa della fine della legislatura e delle elezioni di maggio. Anche in Scozia la proposta di legge è stata presentata – e respinta – due volte dal parlamento di Holyrood, una volta nel 2010 e una quest'anno. La Gran Bretagna dunque oggi ci riprova con una proposta di legge che porta il nome di Rob Marris ma che ha gli stessi contenuti di quelle che l'hanno preceduta. Ai Comuni la legge viene sottoposta al primo passaggio del suo lungo percorso parlamentare con un dibattito e un voto. Se i deputati si esprimeranno a favore il bill dovrà ricevere l'approvazione anche della Camera dei Lord, tornare ai Comuni e poi ricevere il sigillo finale della regina. Un iter che potrebbe durare più di sei mesi. L'esito del voto è incerto, perché se le pressioni per l’introduzione della morte assistita sono forti altrettanto lo è l’opposizione a questa prospettiva, con pareri negativi autorevoli come quello del premier David Cameron. Domenica il leader della Chiesa anglicana, l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby, ha chiesto ai deputati di riflettere attentamente sulle conseguenze che una legge del genere potrebbe avere sulle persone più vulnerabili, invitandoli a votare contro. «Una volta attraversato il Rubicone etico e legale – ha detto il primate – sarà impossibile tornare indietro». Giovedì mattina alle 8.30 centinaia di persone si sono date appuntamento in Parliament Square, davanti a Westminster, con cartelloni che chiedevano ai parlamentari di proteggere la vita. Tra loro anche diversi medici. «Molti pazienti – spiega Robin Boyd, medico condotto da trent'anni – sono stabili mentalmente solo in apparenza ma in realtà sono assai vulnerabili e facilmente manipolabili dagli altri perché si sentono un peso per la famiglia e per la società. Spesso vogliono morire solo per dare sollievo a chi gli sta intorno». Qualche settimane fa, sulle pagine del Wall Street Journal anche un medico dell'Oregon, William Toffler, ha invitato la Gran Bretagna a non fare lo stesso errore dello Stato americano. «Da quando l'Oregon ha legalizzato il sucidio assistito quasi vent'anni fa – ha scritto il professore – più di 850 persone sono morte ingerendo una dose letale di barbiturici. La legge ha cambiato profondamente il rapporto tra medico e paziente e oggi molti malati terminali hanno paura di essere costretti a morire».
Il disegno di legge legalizzerebbe la «morte assistita» di pazienti consenzienti con non più di 6 mesi di vita. (Elisabetta Del Soldato)
"Non abbandonate i malati terminali", richiamati i medici inglesi
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