sabato 16 maggio 2015
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Può un ingegnere stravolgere in positivo le dinamiche di una moto che da anni faceva acqua da tutte le parti? Risposta: assolutamente, sì. Per i dettagli chiedere a Gigi Dall’Igna, dall’ottobre 2013 al comando del settore corse della Ducati dopo aver vinto tanto con l’Aprilia nella Superbike. Con lui, la Desmosedici nel Motomondiale ha preso il volo. Da comprimaria a protagonista, nel giro di pochi mesi la Rossa di Borgo Panigale ha indossato l’abito da sera: elegante e veloce, una vera festa. Per i piloti, che hanno potuto tornare a battersi per il podio, ma anche per tanti appassionati della MotoGp, sfiancati dal solito valzer con gli occhi a mandorla in testa alla classifica. Ingegner Dall’Igna, nelle prime quattro gare, la Ducati ha raccolto in tutto 117 punti. Il doppio di quanti era riuscita a farne nelle prime quattro prove della scorsa stagione. Merito soltanto di una Desmosedici decisamente più veloce, o c’è di più?«Senza dubbio, il grande cambiamento è legato a filo doppio con la moto, completamente diversa rispetto a quella dello scorso anno. In più ora ci sono motivazioni ed entusiasmo. Quando puoi contare su una moto che ha i numeri per stare davanti, scendi in pista con un piglio diverso, più determinato». «Quest’anno vogliamo portare a casa almeno una vittoria», disse alla presentazione della nuova Gp15. Visto come vanno le cose in pista, il traguardo non pare più così distante...«Non ci manca tanto. Dobbiamo migliorare sulla staccata e un po’ sul grip all’uscita di curva. Insomma, possiamo giocarcela. Quando a inizio stagione ho detto che avrei voluto vincere almeno una gara, più di qualcuno si è messo a ridere, convinto che non sarebbe stato possibile. Invece ci siamo davvero vicini». Quanto ha influito il rapporto diretto con Volkswagen (proprietaria tramite Audi del marchio Ducati dal 2012) nella realizzazione della nuova moto? «Onestamente, non tantissimo. Ducati va avanti con le proprie gambe, sia dal punto di vista economico, sia tecnico. Sicuramente, avere alle spalle un colosso così ti garantisce una serenità in più per il futuro. Anche sotto il profilo dello sviluppo tecnologico. Ma i due mondi sono abbastanza diversi, perché costruire una moto è molto differente rispetto a costruire una macchina. Ci sono affinità nello sviluppo del motore, poco altro». Gli Stati Uniti sono il primo mercato dell’azienda di Borgo Panigale con circa novemila moto vendute nel 2014. Qual è la relazione tra i risultati della pista e la diffusione del marchio nel mondo?«Per Ducati le corse sono importanti come lo sono per la Ferrari. Siamo uno dei migliori brand di moto al mondo, e sicuramente il migliore per le moto sportive. È evidente che l’associazione tra l’azienda e le corse sia importantissima. Sia per l’affermazione del marchio, sia per lo sviluppo del prodotto, perché senza la tecnologia testata in pista anche le moto di serie sarebbero probabilmente meno performanti». Quattro gare e tre vincitori diversi. La MotoGp è diventata più divertente e imprevedibile grazie anche alle modifiche regolamentari che hanno consentito a Ducati, Suzuki e Aprilia di godere di maggiore libertà nello sviluppo della moto e nelle scelte in gara. È una soluzione che consiglierebbe alla Formula 1?«Le nuove regole hanno dato ossigeno alla MotoGp, dando un forte stimolo all’ingresso di nuove case. Sono regole intelligenti, perché permettono a chi è in una condizione di difficoltà tecnica di migliorare e di stare al passo con le altre scuderie. È migliorato lo spettacolo e gli ascolti televisivi registrati nei primi gran premi lo dimostrano. Certo, anche la Formula 1 dovrebbe imitarci».Quali sono le differenze sostanziali tra i due colossi giapponesi Honda e Yamaha e l’italianissima Ducati? In termini di risorse disponibili, ma pure di investimenti. «Nessuno sa quale sia con precisione il livello di spesa raggiunto dalle case che partecipano al Mondiale. Immagino però che i nostri competitors spendano decisamente più di noi». Dopo anni di dominio spagnolo, ora c’è una netta inversione di tendenza a favore dei piloti italiani. Qualcosa è davvero cambiato, oppure è un risultato di circostanze favorevoli?«I piloti italiani sono in grado di lottare ad armi pari con i piloti spagnoli, lo hanno già dimostrato. Vero, in questa prima parte della stagione ci sono stati alcuni episodi che ci hanno favorito, ma in pista, almeno finora, non c’è stata la superiorità spagnola dell’anno scorso».Dovizioso e Iannone: vizi e virtù in pista dei due piloti sui quali ha deciso di costruire il rilancio della Ducati? «Sono due piloti complementari. Il punto forte di uno è spesso un limite per l’altro. E questo è importantissimo, perché mi permette di sviluppare la moto, migliorandola sotto tanti aspetti. Dovizioso è bravissimo in staccata, uno dei migliori in assoluto, mentre Iannone ha nella scorrevolezza e nella capacità di affrontare le curve ad alta velocità il suo punto di forza. Dovizioso è metodico, preciso. Iannone è più fantasioso e istintivo. Diversi, ma complementari». Come spiegare il fallimento di Valentino Rossi nel biennio Ducati? «Valentino sta facendo benissimo, più di quanto avrei potuto immaginare. L’età conta per tutti, tranne che per lui. Sarà difficile trovare qualcuno anche in futuro che possa ripetere le sue prestazioni. Perché non andò bene in Ducati? Non posso giudicare le scelte di chi mi ha preceduto». A proposito di Yamaha. Si era parlato del possibile approdo da voi di Jorge Lorenzo. Ora che lo spagnolo ha rinnovato con la casa giapponese fino al 2016, può dire se erano solo chiacchiere?«Quando un pilota tratta il rinnovo, si guarda intorno: accade per tutti. Mi sarei stupito se non lo avesse fatto anche Lorenzo. Sì, il suo manager ha contattato anche la Ducati. La chiacchierata c’è stata. Oggi però abbiamo un contratto fino al 2016 con i nostri piloti. Ducati rispetta gli accordi e soprattutto i piloti, che sono importanti nello sviluppo della moto. Per il 2017 ne riparleremo». A Jerez non è andata benissimo per voi. Cosa si aspetta a Le Mans?«È una pista che piace molto a Dovizioso. Abbiamo la convinzione di poter fare bene, questo sì. Ma tradurre questa convinzione in termini di risultati, è quasi impossibile». Ducati è anche Superbike. Davide Giugliano è tornato alle corse dopo 86 giorni per un brutto incidente. Come si vince la paura della pista dopo un trauma del genere?«Ho visto fare cadute impressionanti a piloti che cinque minuti dopo tornavano in sella. A me è capitato di fare un piccolo tamponamento in auto e ci ho messo un po’ a tornare al volante. Con il senno di poi, era evidente che fossi destinato a fare un altro mestiere».
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