Se qualcuno ieri avesse incontrato Franco Battiato alla presentazione di Apriti Sesamo, il suo primo album di inediti dal 2007 (album che esce martedì e sarà in tour dal 19 gennaio al 6 marzo, più due date con orchestra a Catania in maggio), avrebbe avuto qualche problema nel comprendere quanto profondo sia il disco (scritto con la consueta collaborazione di Manlio Sgalambro). Giacché il cantautore, anziché spiegarlo, ha preferito divagare fra esperienze personali, come lasciando all’ascoltatore l’intera responsabilità di un ascolto adulto. Ma a ben vedere, questa faccenda è in linea col senso di Apriti Sesamo: dieci mondi musicali già noti per Battiato (e però qui sempre strettamente connessi ai contenuti), e soprattutto dieci testi che pesano, di fortissima carica etico-spirituale. Tra sguardi agli slanci perduti di ieri, compartecipazione al comune degrado, chiari richiami morali ed espliciti rimandi a un Oltre che non è mai fuga o allegoria: bensì sempre conseguenza di rigore etico e dell’ineludibilità del lato metafisico dell’uomo.Questo, emerge dall’ascolto di un cd che non rinuncia a suoni moderni ma vi osa riflessioni filosofiche: ben conscio dell’urgenza di un vero rinnovamento morale. E ciò non capitava, nella musica d’autore nostrana, da due album usciti a pochi giorni di distanza nel 2003, L’uomo a metà di Enzo Jannacci e Io non mi sento italiano, ultima opera di Giorgio Gaber: abbiamo detto niente… Ma anche per questo, crediamo, Battiato ha lasciato in sospeso i quesiti di approfondimento dell’opera, limitandosi a chiarirne alcuni passaggi. «Posso dire che credo nell’uomo», ha esordito: «E sono estremamente ottimista sulla possibilità di un uomo nuovo che sappia cogliere della morte il valore di passaggio, cui è necessario arrivare preparati, e dell’amore il valore di risposta a ogni egoismo, il nostro in primis». Ovviamente, quando Battiato parla di Oltre, si rifà a proprie credenze: ma con rispetto dichiarato. «Mi sento mezzo di comunicazione tra chi crede in Qualcosa e chi non crede, con gran rispetto per chi il credere lo declina diversamente da me. Ho pure scritto una canzone (la prima del cd, nda) partendo dall’attrazione per il suono delle campane e unendovi le mie meditazioni con le certezze di esperienze come quella di santa Teresa d’Avila».Il disco parte segnalando «tempi di forti tentazioni» cui si ribatte ricordando che «vivere è un dono che ci ha dato il Cielo» (Quand’ero giovane); poi Passacaglia (ispirata al sacerdote e compositore secentesco Stefano Landi e primo singolo dell’album) esplicita la necessità di una spiritualità forte, e La polvere del branco dice di una società odierna in cui «libertà» è termine frainteso. E qui invero Battiato spiega: «Il libero arbitrio è una nostra grande opportunità, ma non è capriccio. Dev’essere teso a ritrovare coscienza. Vedo cose inaccettabili, troppi guitti: e non mi fa rabbia, mi porta a compassione per l’uomo. Perciò, ho scritto incitando a nuovi modelli di vita e ad assumersi ognuno le sue responsabilità». Tanto che nel finale, dopo la splendida Il serpente, denuncia del denaro come tentazione dell’oggi che però si chiude con la certezza che «da qualche parte un uomo nuovo sta nascendo», Apriti Sesamo vede Battiato… lanciare la palla a noi. Sorge il sole della vita quotidiana, Sherazade interrompe il racconto, come finirà la fiaba? Alì Babà nella caverna dei ladroni cederà alle voglie più meschine o farà vincere i valori cantati da Battiato nel brano intitolato senza paura Testamento, con al centro l’uomo?
Battiato non lo canta, e nell’incontro di ieri non l’ha detto. Perché in fondo il viaggio del nuovo Battiato – non per caso infarcito di richiami dichiarati alla cultura dell’umanità, dall’Arabia a Dante a Gluck – è esplicito. Ora tocca a noi ascoltarlo e scegliere: di vivere ricordando o meno le sue parole su cosa siamo e cosa invece, volendo, potremmo essere.