E’ entrato nella top ten dei video più cliccati su Youtube nel 2012 (due milioni di contatti), ha avuto 16mila “like” su Facebook ed è stato condiviso in oltre 5mila tweet. Un successo virale, ma non solo, per “Radi-Aid-Africa for Norway” un’iniziativa promossa da un gruppo di musicisti africani che vivono in Norvegia riuniti nell’associazione “SAIH - The Norwegian students’ and academics’ international assistance fund” di Oslo. Obiettivo: sensibilizzare gli africani a donare i propri termosifoni (“radi” è l’abbreviazione del termine inglese “radiators”) per riscaldare i bambini norvegesi che muoiono di freddo.
«Non possiamo far finta di niente – recita il testo della canzone -. Gli africani possono fare qualcosa, il calore che abbiamo dobbiamo condividerlo. Le sorti si sono invertite: l'Africa aiuta la Norvegia. Non possiamo chiudere gli occhi. Come una brezza tropicale manderemo i nostri caloriferi». La Norvegia ha dato tanto all’Africa e ora «è il tempo di restituire». Portando un po’ di calore nelle gelide lande scandinave.
Un video divertente, dalla musica accattivante per demolire gli stereotipi. Perché l’immagine che quasi tutti gli europei hanno del continente nero è composta da carestie, criminalità, Hiv, bambini malnutriti e soldati in guerra. «La maggior parte delle campagne di raccolta fondi si basano su stereotipi – scrivono sul loro sito i giovani musicisti -. Ma provate a immaginare cosa succederebbe se gli africani vedessero le immagini di “Africa for Norway” e queste fossero le uniche informazioni a loro disposizione. Cosa penserebbero della Norvegia?»».
Le immagini dei container pieni di termosifoni in attesa di salpare per la penisola scandinava strappano più di un sorriso. E offrono qualche spunto di riflessione. Chiedono ai media di essere più rispettosi («pubblichereste mai le immagini di un bambino bianco che muore di fame senza permesso?»), un’informazione più attenta e ricca di sfumature su quello che avviene in Africa e nei Paesi in via di sviluppo. E soprattutto che gli aiuti siano basati sulle reali esigenze della popolazione e non sulle “buone” intenzioni.