È una partita che si gioca in silenzio, mentre fuori il caos assordante attira l’attenzione del Paese. Il Pd ha approvato le regole e le tappe per il congresso. L’8 dicembre le primarie aperte eleggeranno il nuovo segretario e Matteo Renzi tace, consapevole della sua forza, consolidata in un anno, rispetto alla sfida con Bersani. Gianni Cuperlo è pronto a mettere in tavola le sue carte. Ma è Enrico Letta il vero avversario, e la crisi che lambisce governo e Parlamento rimette in pista il premier, che personalmente non si espone. I suoi fedelissimi, però, sono già al lavoro, per evitare che con lo Statuto invariato, si finisca per disputare una partita a "Renzi pigliatutto". La Direzione convocata in via permanente lascia un’uscita di sicurezza al presidente del Consiglio. Ma a Palazzo Vecchio si è ormai diffusa la certezza che sia il momento del sindaco rottamatore: spazi per altri protagonisti non ce ne sono. O meglio, non devono essercene.Così, proprio a fronte di un Renzi che si sente saldo in sella al cavallo che lo porterebbe dritto a Palazzo Chigi, i lettiani si organizzano. Il sindaco ha dalla sua l’unanimità (o quasi) della Direzione, che ha fissato le tappe del congresso. La data diventa dunque fondamentale. Già, perché, nota dalla segreteria il renziano Antonio Funiciello, difficilmente, in caso di crisi di governo, si può pensare di «andare al voto entro l’anno. Votare a Natale sarebbe assurdo».Dunque il Pd ha tutto il tempo di celebrare il suo congresso e presentarsi, nell’eventualità di un voto a febbraio, con tanto di segretario neo-eletto con un’investitura popolare, che scoraggerebbe assai nuove primarie per la
premiership. Tanto più che lo Statuto non le prevederebbe neanche. E se pure si volesse fare appello alla deroga concessa proprio a Renzi da Bersani nelle primarie di coalizione, ebbene, non si sa quale potrebbe essere appunto una coalizione scelta da un Renzi segretario per presentarsi alle urne. Ancora, toccherebbe riportare ai gazebo gli elettori di centrosinistra, "scomodati" già per l’Immacolata. Insomma, «il congresso si farà l’8», concordano i renziani, visto che «tutti gli scenari politici immaginabili portano a quella data».Ma nel Pd non tutti la pensano allo stesso modo. Gianni Cuperlo continua a lavorare, in vista della data fissata. A Palazzo Chigi e dintorni, invece, lo staff di Enrico Letta ragiona sulle possibili modalità di restare in pista. Sarebbe assurdo, dicono, lasciare uscire di scena la figura politica scelta dal presidente della Repubblica Napolitano nella fase più delicata per il Paese, che tanta fiducia ha raccolto in Europa malgrado gli sgambetti ricevuti in casa. Il punto resta la capacità di Letta di «gestire questa fase», dicono i suoi. Ovvero, la capacità di non lasciarsi strangolare da un Pdl mal digerito dal mondo di centrosinistra, che schiaccerebbe del tutto la figura di un premier, certo di avere diverse carte da giocarsi nella sfida con Renzi. E allora bisognerà innanzitutto vedere se in Parlamento Letta avrà un sostegno vero, blindato, che lo porterà fino al 2015. In caso contrario, «meglio sarebbe staccare la spina un minuto prima che lo facciano altri e giocarsi la partita», concordano i suoi. Dietro la candidatura di Letta, il Pd convoglierebbe diverse correnti. In caso di discesa in campo dell’attuale premier, infatti, Cuperlo potrebbe perfino ritirarsi. E se anche non lo facesse, Bersani potrebbe dirottare i suoi sul suo ex-vice. Sicuramente l’area di Franceschini e di Fioroni non avrebbe dubbi. Fassina non potrebbe non convogliare i suoi sul candidato con cui ha collaborato a Palazzo Chigi. Al contrario, «se si lascerà logorare, farà la fine di Monti», avvertono dai piani alti di Largo del Nazareno. Il punto resta allora la possibilità di fermare la macchina congressuale. Il segretario Epifani ieri ha scelto in Direzione di lasciare convocata il "parlamentino" democratico. «Un partito sotto elezioni non può fare il Congresso», sentenzia Beppe Fioroni. «Letta ha bisogno di certezze da questa maggioranza, altrimenti meglio tornare a votare», continua il leader degli ex-popolari, in linea con la sinistra pd, tutti paradossalmente lontani dai renziani, fino a qualche giorno fa i principali sostenitori del voto immediato. Se dunque si andasse a elezioni anticipate, Fioroni è certo che le assise verrebbero congelate e si andrebbe alle primarie per la
premiership. Un’ipotesi tuttavia non scongiurata neppure in caso di voto a febbraio, dopo l’elezione eventuale di Renzi segretario: «Ci sarebbero sempre le primarie di coalizione, perché – dice certo - una coalizione sarà comunque necessaria».