L'Onu e la richiesta di Ban Ki Moon. Riunito domenica in emergenza, il Consiglio di sicurezza dell'Onu hachiesto ai "paesi della regione" e all'Unione africana di "discutere con i leader sud-sudanesi per trattare questa crisi". Con una dichiarazione unanime, i 15 Paesi membri del Consiglio di sicurezza hanno chiesto anche al presidente del Sud Sudan, Salva Kiir e al suo rivale, il vicepresidente Riek Machar, di "fare di tutto per controllare le loro rispettive forze e mettere fine ai combattimenti". Mentre oggi il segretario generale Ban Ki-moon ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di impèorre un embargo della armi nel Paese. "Abbiamo un bisogno disperato di elicotteri militari e altri mezzi se vogliamo tener fede al nostro mandato di proteggere i civili - ha detto Ban -. E' necessario inoltre che tutti i Paesi che contribuiscono alla missione Onu restino sul campo. Qualsiasi ritiro manderebbe il segnale sbagliato al Sud Sudan e al mondo intero".
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>> Sud Sudan, cronologia del conflitto (Matteo Fraschini Koffi)Un appello è giunto anche dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. "#Juba. Di nuovo in guerra civile in Sud Sudan. Italia chiede di far tacere le armi" ha scritto in un tweet il capo della diplomazia italiana sottolineando che l'Unità di crisi della Farnesina è "in contatto con i nostri connazionali" presenti nel Paese africano.LEGGI ANCHE Caritas: Paese in macerie, ma la ricostruzione è possibile (Lucia Capuzzi)Gli scontri erano iniziati venerdì nei pressi del palazzo presidenziale dove Machar e Kiir preparavano un comunicato comune su altri incidenti avvenuti il giorno precedente. Gli scontri tra le opposte fazioni sono costati in due anni e mezzo decine di migliaia di morti e hannoprovocato una grave crisi umanitaria in un Paese già poverissimononostante le ingenti riserve petrolifere.Appello della Chiesa in Sud Sudan: si richia il genocidio “In Sud Sudan si rischia il genocidio. Scrivetelo a caratteri cubitali, perché qualcuno della comunità internazionale intervenga prima che sia troppo tardi”. È l’appello lanciato tramite l’agenzia Fides da una fonte della Chiesa in Sud Sudan, di cui l'agenzia ha deciso di omettere il nome per ragioni di sicurezza. “Quando cessano i combattimenti con armi pesanti, iniziano i massacri contro gli appartenenti all’etnia rivale. Lo abbiamo visto troppe volte in altre città del Sud Sudan durante la guerra civile che si credeva conclusa con gli accordi di pace dell’agosto 2015, ma ora i combattimenti sono scoppiati a Juba, la capitale, e si rischia di far sprofondare il Paese in un vero genocidio”, spiegano a Fides le fonti.
“Ieri, domenica 10 luglio, è stata una giornata terribile” riferisce la fonte di Fides. “I combattimenti sono scoppiati alle 8,30 del mattino e sono durati fino alle 20 di sera, quando è iniziata a cadere una forte pioggia sulla capitale. Forse il Signore ha avuto pietà e i combattimenti sono cessati. Questa mattina gli scontri sono riesplosi, anche se in questo momento sembra esserci una tregua. Le truppe governative usano armi pesanti e stanno impiegando gli elicotteri per bombardare le posizioni dei ribelli”.
“È stato colpito in modo feroce il campo dell’ONU dove sono rifugiate migliaia di persone. Un casco blu cinese è morto, raggiunto da una scheggia di granata”. “Il disastro provocato da politici che non hanno cura del proprio popolo è spaventoso e inimmaginabile” afferma la nostra fonte. “Adesso stanno distruggendo anche la capitale, che era l’unica città rimasta intatta. Non solo con i combattimenti ma anche con i saccheggi che accompagnano e seguono i combattimenti”, afferma la fonte di Fides. “Il nemico è visto come appartenente all’etnia avversaria. Per questo temiamo un genocidio su base etnica”, sottolinea la fonte che conclude: “Non vorrei che un domani i giornalisti siano costretti a scrivere articoli, ormai inutili, sul ‘genocidio sud-sudanese’. Abbiamo ancora la possibilità di impedirlo, ma occorre fare in fretta. Bisogna che la comunità internazionale intervenga, anche con la forza prima che sia troppo tardi”.