L'inviato speciale dell'Onu per la Siria, Staffan de Mistura, ha sospeso l'attività della task force umanitaria come forma di protesta per la mancanza di una tregua nel Paese. Lo ha annunciato lo stesso de Mistura, sottolineando che nessun convoglio umanitario è riuscito a entrare in Siria nell'ultimo mese a causa dei combattimenti.Da parte sua la Russia, attraverso il generale Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa, replica affermando di essere disposta a sostenere una tregua di 48 ore su base settimanale ad Aleppo per consentire l'invio di aiuti umanitari nella città assediata. Per quanto riguarda date e orari di inizio e fine della tregua, secondo il generale "saranno fissati dopo chei rappresentanti delle Nazioni Unite avranno fornito informazioni sui tempi di preparazione dei loro convogli umanitari e i partner americani avranno confermato le garanzie della sicurezza del loro transito".Sulla questione interviene anche la Ue che "condanna fortementel'escalation della violenza ad Aleppo", in particolare "tuttigli attacchi contro i civili" e quelli "eccessivi e sproporzionati da parte del regime siriano". Lo fa con un intervento dell'Alto rappresentante Federica Mogherini, che chiede quindi "uno stop immediato ai combattimenti" e ricorda che "le operazioni umanitarie ad Aleppo devono rispondere a uno scopo umanitario e rispettare pienamente i principi umanitari".
L'Unione Europea e suoi stati membri chiedono inoltre che "tutte le parti in conflitto ripristinino la cessazione delle ostilità", consentano l'accesso umanitario e assicurino il rispetto degli impegni presi nella riunione del 17 maggio del Gruppo internazionale di supporto per la Siria. "Non c'è una soluzione militare alla guerra e la continua escalation della violenza ha seriamente messo a rischio il successo di questo processo", sottolinea l'Alto rappresentante, ricordando che l'Ue sostiene i co-presidenti del Gruppo internazionale di supporto per la Siria e il rappresentate speciale dell'Onu Staffan De Mistura nei loro sforzi per creare le condizioni per una ripresa dei negoziati a Ginevra "il prima possibile".
Tornando a De Mistura, l'inviato dell'Onu, per manifestare la propria frustrazione di fronte alla mancata tregua, ha deciso di sospendere, otto minuti dopo il suo inizio, la riunione settimanale del gruppo di lavoro che si occupa dell'accesso umanitario in Siria, di cui fanno parte una ventina di Paesi. "Ho sospeso la riunione per manifestare il nostro profondo scontento per il fatto che a causa della mancanza di una tregua, gli aiuti umanitari in Siria non stanno arrivando", ha detto. "In un mese - ha sottolineato de Mistura - neanche un solo convoglio ha raggiunto le zone assediate. Perchè? A causa dei combattimenti". L'inviato speciale dell'Onu per la Siria ha ricordato che a Madaya e Zabadani, città strette nella morsa delle forze governative, così come a Foua e Kafraya, sotto il fuoco dei ribelli, non arrivano aiuti umanitari dal 30 aprile, cioè da 110 giorni. Da qui, la decisione di sospendere la riunione della task force dopo soli 8 minuti: per de Mistura "non c'è ragione di avere una riunione a meno che non ci siano dei movimenti sul piano umanitario in Siria".Si tratta innanzitutto di un "simbolo" e un "segno di rispetto", in vista della Giornata mondiale dell'aiuto umanitario che si celebra domani, ha aggiunto, precisando che la riunione della prossima settimana resta fissata. L'inviato speciale dell'Onu ha quindi rilanciato l'appello per una tregua di 48 ore ad Aleppo, al centro dei combattimenti tra forze governative e ribelli che la settimana scorsa sono riusciti a rompere l'accerchiamento sui quartieri orientali, ma ora subiscono intensi bombardamenti. A questo proposito, si dovrebbe tenere nel pomeriggio una riunione del gruppo di lavoro sulla cessazione delle ostilità.Sono 18 le zone individuate dall'Onu come località assediate, in maggioranza dalle forze leali a Damasco, dove vivono 600mila persone. L'unica area dove continuano ad arrivare aiuti, distribuiti con aerei dall'agenzia alimentare dell'Onu (Wfp), è Deir Ezzor, nell'est del Paese, circondata dalle forze del Daesh.