Padre Paolo Dall'Oglio "sarebbe vivo e si troverebbe in un carcere dell'Is ad Aleppo".
È quanto sostiene il presidente dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahaman, interpellato da
Aki-Adnkronos sulla sorte del gesuita romano le cui tracce si sono perse il 29 luglio 2013 a Raqqah, roccaforte del
"califfato" nella Siria settentrionale.L'Osservatorio è una ong con sede a Londra ed è di fatto portavoce dell'opposizione democratica siriana al regime di Bashar al-Assad.
Fonti dell'
Ansa citano invece un ex detenuto nella prigione dell'Is a Raqqa che, liberato due settimane fa, ha affermato di aver sentito dai suoi carcerieri che Dall'Oglio era stato trasferito nella prigione di Tabqa, al confine tra la regione di Raqqa e quella di Aleppo.
La notizia non è verificabile. "Tutto è possibile, anche se non abbiamo alcuna notizia a riguardo. Non posso confermare né smentire. La situazione ad Aleppo è molto complicata ed è molto difficile avere notizie e verificarle". Lo ha affermato al Sir
monsignor Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo greco melkita di Aleppo. Analogo commento anche da parte di
padre Georges Abu Khazen, vicario apostolico latino della città siriana.
Secca la reazione del ministro degli Esteri,
Paolo Gentiloni: "Purtroppo non possiamo confermare". Alla Farnesina, aggiunge, non si hanno novità.
«Trattative in corso». Abdel Rahamanl ha spiegato di aver appreso da fonti vicine all'Is che Dall'Oglio, il cui rapimento non è mai stato rivendicato, "è stato trasferito in un sobborgo della provincia di Aleppo, in una zona controllata dai jihadisti" dell'Is. Sarebbero in corso "trattative complesse per il suo rilascio. "Abbiamo inoltrato da tempo la richiesta di una prova ai suoi rapitori, ad esempio un video, ma non ci è mai stato consegnato alcunché".
«Nessuna notizia delle due volontarie». Abdel Rahaman ha invece affermato di "non avere alcuna notizia" riguardo le due giovani italiane Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, rapite anche loro in Siria quasi sei mesi fa mentre seguivano progetti umanitari ad Aleppo.
L'appello dei familiari. A fine luglio, a un anno della scomparsa, la famiglia del gesuita ha rivolto un appello ai rapitori, chiedendo di "avere la dignità di farci sapere della sua sorte". "Vorremmo riabbracciarlo, ma siamo anche pronti a piangerlo", dicevano.
Scomparso da un anno e 5 mesi. Il gesuita romano, che in Siria negli anni 80 aveva fondato la comunità monastica cattolico-siriaca Deir Mar Musa a nord di Damasco, è scomparso nel nord del paese, nella zona di Raqqa, il 29 luglio del 2013, poco dopo essere rientrato nel Paese presumibilmente per una mediazione umanitaria.
Era stato espulso il 12 giugno 2012 per essersi espresso a favore della rivolta contro il regime di Bashar al-Assad scoppiata nel marzo dell'anno precedente. Noto per il suo forte impegno nel dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani, dopo l'espulsione per un breve periodo si era trasferito a Sulaymanya, nel Kurdistan iracheno, dove era stato accolto nella nuova fondazione monastica di Deir Maryam el Adhra.
Nel tempo, si sono susseguite notizie contrastanti, con voci su una sua presunta esecuzione poco dopo il rapimento e fonti più recenti che invece sostengono che si trovi ancora vivo nelle mani degli jihadisti sunniti dell'Is. Le ultime informazioni attendibili risalivano a settembre e davano il gesuita detenuto in una delle prigioni dell'Is a Raqqa, da oltre un anno divenuta la roccaforte dell'autoproclamato Stato islamico.