giovedì 26 febbraio 2015
La denuncia: senza la fine del blocco israeliano, difficile edificare scuole e ospedali. FOTO E VIDEO
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Senza la fine del blocco israeliano a Gaza ci vorrà oltre un secolo per completare la ricostruzione di case, scuole e ospedali. A sei mesi dal cessate il fuoco che ha messo fine all'operazione israeliana 'Margine protettivo' nella Striscia, Oxfam lancia l'allarme sulla disperata situazione in cui ancora versano gli 1,8 milioni di persone che vivono a Gaza, a causa delle carenze e progressive riduzioni delle quantità di materiali da costruzione in entrata. A farne le spese sono le circa 100mila persone, la metà bambini, che ancora sono costrette a vivere in rifugi e sistemazioni temporanee, mentre decine di migliaia di famiglie vivono in abitazioni gravemente danneggiate dai bombardamenti della scorsa estate. Con meno dello 0,25% del materiale da costruzione essenziale arrivato a Gaza negli ultimi tre mesi, il processo di ricostruzione si è praticamente fermato, fa sapere Oxfam, che chiede alla comunità internazionale di attivarsi con urgenza per porre fine al blocco che dura ormai da otto anni.
Oxfam aggiunge che nessun progresso si registra a livello diplomatico; a differenza di quanto previsto dopo il cessate il fuoco, infatti, non si registrano passi avanti nei negoziati per trovare una soluzione a lungo termine alla crisi di Gaza. Oxfam chiede che Israele e Autorità palestinese si attivino per accelerare una soluzione pacifica, inclusa la fine del blocco di Gaza che rimane attivo e continua ad avere un impatto devastante sull'economia e gli abitanti di Gaza. Le tensioni all'interno del governo di unità palestinese inoltre, conclude Oxfam, non accennano a diminuire, complicando ulteriormente il quadro di riferimento. A causa del blocco sulla Striscia, lo scorso anno le esportazioni di prodotti agricoli sono crollate al 2,7% rispetto al livello registrato prima dell'imposizione delle restrizioni. Pesca e agricoltura - settori vitali per l'economia di Gaza - sono in ginocchio a causa del divieto di pesca fino a oltre sei miglia nautiche dalla costa e di accesso ai terreni più fertili, perché nell'impedire la circolazione delle merci, si è limitata quella delle persone, con il risultato che Gaza continua a essere separata dalla Cisgiordania e la maggior parte delle persone non può lasciare la Striscia. Anche il confine con l'Egitto è rimasto chiuso per gran parte degli ultimi due mesi, impedendo a migliaia di persone di viaggiare.
Secondo quanto riportato dalle organizzazioni umanitarie che lavorano nella regione, sono necessari oltre 800mila carichi di camion di materiale da costruzione per rimettere in piedi case, scuole, ospedali e altre infrastrutture distrutte durante i ripetuti conflitti e gli anni di blocco. A gennaio, solamente 579 camion sono entrati a Gaza, ancora meno dei già pochi 795 entrati a dicembre afferma Oxfam. "Solo con la fine del blocco di Gaza sarà possibile permettere alla popolazione di ricostruire la propria vita", spiega Umiliana Grifoni, responsabile Ufficio Mediterraneo e Medioriente di Oxfam Italia. "Le famiglie -racconta - vivono da sei mesi in case senza soffitti, pareti o finestre. Molte abitazioni hanno solo sei ore di elettricità al giorno e non hanno acqua corrente. Ogni giorno che passa senza che abbia inizio la ricostruzione, aumentano i rischi per la vita stessa delle persone. È inaccettabile che la comunità internazionale abbandoni la popolazione di Gaza nel momento di maggior bisogno".
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