"Siamo tutti Noon". Che tradotto, vale a dire "siamo tutti cristiani". Così la società civile irachena, le associazioni che da anni si impegnano per favorire il dialogo, discutere dei problemi di un Paese funestato da dittatura, guerre, occupazione, divisioni settarie, terrorismo, corruzione, sta facendo sentire la sua voce contro IS, il nuovo autoproclamato Stato Islamico, dopo che i miliziani di IS hanno "marchiato" con la N di nazareno le case di Mosul abitate dai cristiani o appena abbandonate dai membri della stessa comunità.Tutto e' iniziato a Mosul, dove un iracheno di nome Ali ha lanciato la campagna, scrivendo sul muro della sua casa "Siamo tutti cristiani" e invitando via Social tutti gli iracheni a fare lo stesso "per preservare la dignità delle nostre azioni, per tutti i cristiani fuggiti da Mosul e come esempio per i nostri bambini". Nell'arco di un paio di giorni, il social ha fatto la sua parte e a oggi, la campagna su Twitter con ashtag
#I_am_Iraqi_I_am_Christian e' condivisa da centinaia di iracheni, cristiani e musulmani, sciiti e sunniti, assiri e caldei, soprattutto giovani, anche sulle bacheche dei profili Facebook. Domenica nel cortile della chiesa caldea di San Giorgio a Baghdad, decine di persone, cristiani e musulmani insieme, si sono fatte ritrarre con cartelli e ashtag in bella vista, avvolte dalla bandiera nazionale irachena e con il chiaro obiettivo di affermare la coesistenza delle religioni e delle etnie in Terra di Abramo.Ghaith Gaffney, ventenne di Baghdad, ha fatto di più: lui, musulmano, ha aggiunto sul suo profilo un selfie con la croce al collo, dicendo: "Ho imparato la lingua assira e ho passato molti momenti felici della mia esistenza con i miei amici cristiani. Ho imparato ad apprezzarli. Oggi siamo tutti cristiani, sono cristiano anch'io". A chi gli chiede se non ha paura per una esposizione così chiara sui social, risponde: "Adesso e' il momento di restare uniti".