Il caso Merkel-Nsa si allarga e diventa il grimaldello con cui la comunità internazionale vuol spingere Washington a richiamare i mastini sciolti della sua agenzia di spionaggio. O perché, almeno nel caso di Francia e Germania, ammetta altri membri nel club ristretto di chi sa dove vanno ad annusare. Secondo deduzioni già pubblicate dal
New York Times e confermate da documenti resi noti dal tedesco
Spiegel, Angela Merkel sarebbe stata spiata dalla National security agency (Nsa) a partire dal 2002 e fino a poco prima del suo incontro con Barack Obama nel giugno scorso. Non è chiaro perché l’Amministrazione di George W. Bush avesse deciso di mettere sotto controllo le comunicazioni personali di un elemento di spicco del partito Cdu, ma è difficile ora per l’attuale inquilino della Casa Bianca sostenere che non avesse alcuna conoscenza di un programma di così lunga durata. Eppure è proprio di questo che Obama ha cercato di convincere il cancelliere tedesco. «Non ero al corrente del fatto» le avrebbe detto al telefono a mo’ di scuse e il domenicale
Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung l’ha letta come un’ammissione implicita che lo spionaggio c’è stato. La versione della Casa Bianca è leggermente diversa. «Obama ha assicurato che gli Stati Uniti non spiano e non spieranno il cancelliere Merkel», ha fatto sapere un portavoce, senza rispondere a domande sul passato. Intanto il caso approdava al Palazzo di Vetro dell’Onu, dove nel giro di poche ore, e dopo un breve scambio di consultazioni, le richieste di Germania e Brasile di impedire lo spionaggio selvaggio hanno raccolto ampio consenso. Sono ora almeno 19 i Paesi che stanno lavorando con Berlino e Brasilia ad una bozza di risoluzione dell’Assemblea Generale che stabilisca maggiori diritti alla privacy su Internet: la discussione inizierà martedì e non farà riferimento specifico alla Nsa. I documenti fatti filtrare dalla talpa Edward Snowden e lo scandalo sulla Nsa ha quindi dato vita al primo grande sforzo internazionale per limitare le intrusioni dello spionaggio americano (ma non solo) nelle comunicazioni di tutti gli utenti della rete. Tra gli aderenti ci sono alleati americani come Francia e Messico, oltre a nazioni ostili agli Usa come Cuba e Venezuela. L’Italia parteciperà alle consultazioni, ma prima di prendere una posizione attenderà l’esito del primo round negoziale. Le ire tedesche e francesi, però, secondo alcuni osservatori dei rapporti atlantici non hanno solo lo scopo della codificazione dello spionaggio. Berlino e Parigi mirano anche ad essere ammesse nel ristretto club dei “Cinque occhi” (così chiamato negli stessi file top secret di Snowden) e composto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Nuova Zelanda e Australia: cinque Paesi di lingua inglese che hanno stabilito di non spiarsi a vicenda senza preavviso e di condividere i risultati della loro intelligence internazionale. Le parole della Merkel secondo cui gli Stati Uniti devono «recuperare la fiducia tedesca» indica proprio le aspettative di Berlino di voler ricevere qualcosa in cambio di una rinnovata lealtà. Non a caso i vertici dei servizi segreti tedeschi si recheranno da domani negli Stati Uniti per un incontro con quelli della Nsa. Intanto ieri il sito Web della stessa National Security Agency statunitense è rimasto fuori uso per diverse ore, alimentando i sospetti di un attacco degli hacker, ma l’agenzia ha attribuito il blackout a un aggiornamento del sistema. E lo scandalo internazionale ha fornito un’opportunità politica a Hillary Clinton di distanziarsi agli occhi dell’opinione pubblica dallo “spione” Obama. «Non s’è ancora fatta piena chiarezza su cosa è accaduto. Alle accuse e ai sospetti dei nostri alleati non abbiamo risposto in modo adeguato, fornendo i dettagli necessari», ha detto l’ex first lady, candidata in pectore per la prossima campagna presidenziale, pur senza citare mai il nome del presidente.