mercoledì 6 agosto 2014
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Centinaia di donne e ragazze della minoranza religiosa degli yazidi sarebbero state fatte prigioniere dai miliziani dello Stato islamico (Isis) che si sono impadroniti della città irachena di Sinjar, a maggioranza yazidi, e ora correrebbero il rischio di essere "rese schiave". È l'allarme lanciato dal ministero per gli Affari femminili iracheno. Il governo iracheno ha rivolto un appello alla comunità internazionale perché adotti "misure urgenti" per salvare le sequestrate. "Abbiamo ricevuto informazioni - si legge in un comunicato del ministero degli Affari femminili - che confermano che l'Isis tiene un certo numero di donne e ragazze rinchiuse in una grande casa di Sinjar, mentre altre donne e i loro bambini sono state spostate all'aeroporto di Tel Afar, dopo che tutti gli uomini sono stati uccisi, e la loro sorte rimane ignota". Elicotteri iracheni hanno lanciato oggi aiuti alimentari a decine di migliaia di iracheni yazidi nascosti nelle montagne desertiche del nord-ovest del paese, dove rischiano di morire di fame o di sete. L'allarme è di fonte ufficiale curda: sarebbero 50.000 le persone che rischiano di morire di fame se non riceveranno cibo entro le prossime 24 ore. La drammatica denuncia della deputataMartedì una deputata irachena della comunità yazidi, Vian Dakhil, aveva detto in Parlamento che "i miliziani dell'Isis hanno ucciso 500 uomini solo perché yazidi, hanno fatto prigioniere 500 donne e le tengono ora in una località vicino a Tel Afar". La deputata è scoppiata a piangere, implorando il governo e la comunità internazionale a intervenire. "Nelle ultime 48 ore, 30.000 famiglie sono state assediate sulle montagne di Sinjar, senza acqua né cibo - ha denunciato - 70 bambini sono già morti di sete, così come 30 anziani". Dakhil ha quindi riferito dell'uccisione di 500 uomini yazidi da parte dei jihadisti durante la conquista della città di Sinjar e dei villaggi vicini. Le loro donne sono state prese come schiave in quanto "bottino di guerra". "Veniamo massacrati, la nostra religione viene cancellata dalla faccia della terra. Vi imploro, in nome dell'umanità", ha concluso.Perseguitati anche i profughi turcomanni sciitiA Sinjar avevano trovato rifugio anche centinaia di famiglie turcomanne sciite, un'altra minoranza irachena, fuggite da Tal Afar, una cinquantina di chilometri più a est, già caduta sotto il controllo dei jihadisti il 23 giugno. Ali al-Bayati, un attivista per i diritti dei turcomanni, aveva riferito ieri di "500 famiglie turcomanne sciite fuggite", di cui "circa 100 o più hanno raggiunto un cementificio situato a 15 chilometri a Sinjar... e sono ancora lì e non hanno nulla. Hanno bisogno di aiuto".I peshmerga curdi tentano la controffensivaAnche numerosi combattenti curdi provenienti dalla Siria e dalla Turchia si sono uniti alle forze peshmerga dei curdi iracheni per respingere l'avanzata dei jihadisti dello Stato islamico (Isis) nel nord dell'Iraq, che hanno conquistato domenica la città di Sinjar, verso il confine con la Siria. Autorità della regione autonoma del Kurdistan iracheno hanno detto che rinforzi sono arrivati dalla Siria e dalla Turchia, insieme a nuove armi. Le stesse fonti hanno aggiunto che le forze peshmerga stanno avanzando verso Mosul, anche se il sedicente Califfato islamico sta ammassando nella regione un numero crescente di effettivi. Nei giorni scorsi il primo ministro iracheno Nuri al Maliki, nonostante i rapporti difficili con le autorità del Kurdistan, aveva accettato di fornire coperture aerea ai peshmerga.
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