«L’innocenza dei musulmani» è, secondo il regista, «un film politico, non religioso». La pellicola che avrebbe scatenato la violenza contro le sedi Usa al Cairo e a Bengasi, non sarebbe – ha tentato di spiegare Sam Bacile – «disegnata per attaccare i musulmani», quando per «mostrare la distruttiva ideologia dell’islam». Il 52enne israeliano si è detto «sconvolto» per l’attacco di Bengasi: ora vive nascosto per timore di agguati degli estremisti. Secondo l’uomo – che ha prodotto e diretto il lungometraggio di due ore «satirico sulla vita del profeta Maometto» raccogliendo cinque milioni di dollari tra un centinaio di donatori della sua stessa religione – «l’islam è un cancro», una «religione piena d’odio». La scelta di diffonderne, lo scorso luglio, uno spezzone di 13 minuti sul sito YouTube è stata, per il regista ebreo, il modo di mostrare al mondo interno le pecche dell’islam. Anche perché la pellicola aveva attirato ben poca attenzione: la presentazione del film in un cinema di Hollywood era stata accolta da una sala vuota. Inizialmente, però, neanche Internet sembrava interessata agli sforzi cinematografici dell’imprenditore edile e gli unici commenti riguardavano negativamente soprattutto aspetti tecnici. La pellicola – girata in tre mesi nell’estate del 2011 e a cui hanno lavorato un centinaio di persone, tra cui 60 attori – sarebbe stata tacciata di anacronismo nei costumi utilizzati e di pessima recitazione. Lo sdegno degli islamici per il ritratto – espressamente vietato dalla loro religione – e per l’aperta denigrazione del profeta avrebbe invece coinciso con la promozione della pellicola da parte di due ultraconservatori Usa. Ovvero il pastore Terry Jones, noto per il rogo di copie del Corano nel 2010, e il suo “alleato” Morris Sadek, un cristiano a capo dell’Assemblea nazionale copta americana. Rimane però il mistero su chi abbia tradotto e diffuso lo spezzone in lingua araba scatendando la violenza.