La Chiesa madre della comunione anglicana, la Chiesa d’Inghilterra, apre all’ordinazione episcopale per le donne. Al sinodo generale in corso a Londra, i tre rami dell’assemblea - vescovi, sacerdoti e laici – hanno votato in misura schiacciante una mozione a favore delle donne vescovo: 378 voti a favore, 8 contrari e 25 astenuti. L’arcivescovo di York e numero due della Chiesa d’Inghilterra, John Sentamu, ha frenato gli entusiasmi e ha invitato i più accalorati a “non stappare bottiglie di champagne”, perché il “sì” definitivo, se avverrà, sarà solo al sinodo del prossimo luglio. Tuttavia, se non è il “sì” ufficiale, è ben difficile pensare a un cambio di rotta. Rispetto alla bocciatura delle donne vescovo al sinodo dello scorso autunno, il quadro sembra perfettamente ribaltato. Il vescovo di Rochester, James Langstaff, che ha presentato la mozione, ha attribuito tutto ciò all’arrivo del nuovo primate anglicano, Justin Welby, più determinato sulla questione rispetto al predecessore Rowan Williams. E ha ricordato il lavoro di mediazione fra le diverse anime del sinodo portato avanti dal pastore David Porter, di Belfast, già in prima linea nei negoziati di pace tra il governo nordirlandese e i gruppi paramilitari cattolici e protestanti. Il voto di ieri è avvenuto a ridosso delle dichiarazioni choc dell’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey, che ha parlato di una Chiesa d’Inghilterra a rischio di estinzione nel giro di una generazione e di un clero anglicano ormai schiacciato da un “sentimento di sconfitta” e dall’indifferenza della gente. Parole riprese martedì dall’arcivescovo di York Sentamu, che ha richiamato l’assemblea al fatto che “discutere di qualsiasi cosa che non sia attrarre nuove fedeli è come cambiare i mobili mentre la casa sta andando a fuoco”.