Mentre continua a scendere il numero dei cristiani in
Iraq (da oltre un milione a 450mila negli ultimi dieci anni), aumentano gli
iscritti alle scuole cristiane. Un paradosso solo apparente. “Il fatto è che le
nostre scuole offrono standard superiori alla media sia nella dimensione
dell’istruzione sia in quella educativa – spiega monsignor Giorgio Lingua, un
piemontese alto e dai tratti signorili che da tre anni è nunzio apostolico a
Baghdad -. Per questo molte famiglie musulmane le scelgono per i propri figli,
unitamente a quelle cristiane che però rappresentano una minoranza”. Dopo
essere state “statalizzate” durante l’epoca buia del regime di Saddam Hussein,
da dieci anni questi istituti hanno ritrovato libertà d’azione e attirano un
numero crescente di studenti, pur nella ristrettezza dei mezzi e degli spazi a
disposizione. Non ci sono statistiche complete, ma il nunzio conferma il trend
ascendente e sottolinea che “l’educazione è un investimento strategico perché
permette di far crescere giovani con valori solidi,con una mentalità aperta
all’incontro e al confronto con chi è diverso da sé, supera la tentazione del
ghetto e contribuisce alla formazione di una classe dirigente in grado di dare
un futuro più solido a un Paese ancora fragile e diviso. E’ la testimonianza
che la Chiesa, anche se piccola quanto a dimensioni, svolge un grande compito
di servizio alla nazione”. Lo stesso si può dire di ospedali e centri di
assistenza di ispirazione cristiana, che godono di ottima reputazione per la
qualità del servizio offerto. Educare a uno sguardo positivo sulla realtà,
valorizzare la bellezza, lo spirito critico, la disponibilità all’incontro e al
dialogo con tutti; sono elementi preziosi per un Paese che sta faticosamente
edificando il suo futuro, tra divisioni politiche e religiose (soprattutto tra
le componenti sciite e sunnite) e i guasti provocati dal terrorismo di matrice
qaedista che negli ultimi mesi ha ucciso migliaia di persone.
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