venerdì 14 marzo 2014
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Gentile direttore,
leggo sempre con interesse "Avvenire" e la ringrazio per il suo lavoro e per il suo impegno a informare anche su tematiche scomode, che sfidano il pensiero comune e interrogano l’essenza profonda dell’uomo. Le scrivo in merito all’articolo: «Omofobia, offese contro le "Sentinelle"» di Viviana Daloiso. Ho letto con interesse il pezzo e ho apprezzato il fatto che sia stato dato spazio alle "Sentinelle in piedi", una realtà che sta crescendo in Italia e che coinvolge tantissime persone comuni – uomini, donne, ragazzi... – uniti dalla preoccupazione di non poter più, un domani, esprimere liberamente la propria opinione circa la bellezza e il valore della famiglia tradizionale, fondata sull’unione tra un uomo e una donna; circa il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre; e circa la libertà di educazione dei propri figli, specie in materia sessuale. Sono una "sentinella" che è scesa in piazza a Trento lo scorso 28 febbraio e, nonostante vi sia stata una contromanifestazione degli attivisti del Comitato Arcigay locale, tengo a chiarire che non vi sono stati scontri violenti o aggressioni. Le "sentinelle", infatti, non sono contro le persone, anzi! Concludo citando un estratto della lettera scritta dall’allora cardinale Bergoglio il 5 luglio 2010 e indirizzata al dottor Justo Carbajales: «No, il matrimonio di un uomo e di una donna non è la stessa cosa dell’unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non è discriminare, al contrario è rispettare. Differenziare per discernere è valutare in modo proprio, non è discriminare. In un’epoca in cui si insiste tanto sulla ricchezza del pluralismo e della diversità culturale e sociale, è davvero contraddittorio minimizzare le differenze umane fondamentali. Un padre e una madre non sono la stessa cosa».
Giulia Tanel
Ho letto con molto piacere la sua lettera, cara e gentile signora Tanel, e colgo con gioia il senso del suo impegno di vigilanza e di testimonianza. Mi piace molto quella sottolineatura: «Le "sentinelle" non sono contro le persone, anzi!». So che è così e credo che sia fondamentale farlo capire bene a tutti. È, infatti, un ottimo antidoto contro certi velenosi tentativi di intossicare e strumentalizzare le civili manifestazioni con cui anche le "Sentinelle in piedi" – attraverso un ciclico, pubblico ed eloquente silenzio – protestano per i progetti di tacitare come «omofobe» le voci di quanti ricordano – scelgo le semplici e nette parole usate anche recentemente da papa Francesco – che «il matrimonio è fra un uomo e una donna». Tentativi che sono condotti da gruppi politici estremisti che ben poco conoscono il Vangelo – e spesso nulla stimano la Chiesa e i valori umani e religiosi dei cristiani – ma sotto le bandierine di un vuoto e statico "tradizionalismo" (neanche lontanamente amico della vera tradizione, che è apertura al dono e movimento in avanti, dinamica trasmissione ai tempi nuovi di princìpi e di consapevolezze preziose e arricchenti) s’ingegnano a contrabbandare intolleranza e rifiuto conditi di slogan falsamente perbenisti. Quanto si somigliano gli intolleranti dei diversi campi, e quanto male fanno… Voci come la sua, gentile signora, hanno invece la forza della chiarezza e della serenità. Di chi conosce bene ciò che il nostro Papa diceva nella "sua" Buenos Aires e che oggi, da Vescovo di Roma, ripete a tutti e a ciascuno e soprattutto, come lo scorso ottobre ad Assisi, ai più giovani: «La famiglia è la vocazione che Dio ha scritto nella natura dell’uomo e della donna». Questo è dire la verità, non chiudere la porta in faccia a qualcuno. Non mi stanco di ripeterlo: i cattolici sono e saranno sempre d’accordo se e quando si costruiscono e attivano in una comunità civile, in uno Stato, nuovi strumenti di solidarietà tra le persone. Mai possono farsi complici di confusioni ingiuste e, spesso, dalle malcalcolate e durissime conseguenze.
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