Caro direttore,
sono abbonato ad "Avvenire" da anni, e molte volte sono stato sul punto di scrivere al giornale su argomenti importanti, ma mi decido a farlo solo oggi per un episodio che a più d’uno potrà apparire in sé minimo. Oggi sono entrato casualmente in un supermercato non molto lontano dalla mia casa, ma in cui non vado mai (Conad City di viale Felsina 31). Tra i dipendenti che mettevano in ordine la merce ho visto un ragazzo con la sindrome di Down che stava facendo con cura il proprio lavoro. Ho chiesto quindi di parlare con la direttrice del supermercato, e le ho detto che apprezzavo molto che avessero fatto la scelta, coraggiosa in questi tempi, di avere una persona Down come dipendente nel negozio, e che per il futuro avrei cercato di servirmi spesso nel loro supermercato, anche se sono socio di un’altra catena. La direttrice mi ha ringraziato con un sorriso che mi ha rallegrato per l’intera giornata, ma mi è parsa anche un po’ stupita dal mio intervento; forse temeva che invece trovassi inopportuna la loro scelta, come temo purtroppo altri possano pensare? Ho voluto raccontare questo piccolo episodio perché forse, se non avessi seguito la recente campagna del nostro giornale a favore delle persone Down, mi sarei comportato in altro modo, facendo mancare alla direttrice del negozio quel minimo di incoraggiamento.
Marcello Spisni, Bologna
Nelle piccole storie come questa che lei racconta, caro amico, abitano grandi verità sulla nostra umanità e sull’arte del vivere insieme nell’autentico rispetto degli altri e delle differenze davvero "scomode", quelle cioè che non è mai di moda accogliere e valorizzare. Sono davvero contento che l’abbia condivisa con noi e mi piace molto la conclusione alla quale giunge: troppe volte facciamo mancare a quelli che fanno la cosa giusta quel «minimo di incoraggiamento» che spinge avanti e aiuta a superare incomprensioni (sempre possibili) e problemi (inevitabili). Meglio farlo sentire, magari con discrezione, ma con convinzione, il nostro consenso e – perché no? – l’applauso. Anche nel semplice caso del felice inserimento al lavoro di una giovane persona con sindrome di Down. Non è più un’eccezione, grazie a Dio e alla volontà di tanti. Ma merita sostegno. E lei ha capito come si fa: premiando, con la nostra scelta di clienti, gli esercizi commerciali e le aziende che compiono un’opzione strategica all’insegna della "sostenibilità" umana e ambientale di tutte le proprie pratiche, dalle condizioni di lavoro alla modalità della produzione e della vendita. Si chiama "votare con il portafoglio", come molte volte è stato spiegato sulle nostre colonne; ci impone di avere occhi per vedere e coscienza e cuore per giudicare, ma funziona. E ne vale davvero la pena.