Caro direttore,
Lucio Dalla ci ha fatto il suo ultimo regalo nel giorno del suo compleanno (in cielo), con la splendida omelia del suo amico e confessore, padre Boschi. Ma solo TgCom24 ha avuto la sensibilità di trasmettere per intero la liturgia funebre, con una ricchezza di Parola davvero straordinaria. Dio, che dispone i tempi dell’uomo, ha voluto che i funerali del famoso cantautore si celebrassero nella domenica in cui si ricorda la grande fede di Abramo, messa alla prova, ma vincente; mentre il Vangelo narrava l’episodio della trasfigurazione di Gesù, che parlava con Mosè ed Elia, nello stupore degli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Si ha l’impressione che i media – tanto presi a raccontarci ogni sorta di male – siano allergici a presentarci la bellezza e il calore della fede. Mi ha colpito il fatto che Rai1, mentre dalle immagini si vedeva chiaramente che erano in corso i funerali, si sia persa a raccontare aneddoti della vita di Lucio Dalla: sicuramente tantissimi telespettatori avrebbero voluto partecipare a quello che era il vero avvenimento. Quello che dovrebbe essere un servizio pubblico, pagato oltretutto con un canone obbligatorio, è stato sostituito da una tv commerciale. Sento il dovere perciò di ringraziare Lucio Dalla perché, per bocca del suo confessore, ci ha fatto conoscere aspetti meno noti della sua sensibilità e della sua fede. Sono certo che anche molti non credenti, ma in ricerca di un senso per la loro vita, hanno tratto da questo evento emozioni profonde con l’aprirsi, forse, di orizzonti nuovi e affascinanti. Lucio Dalla, che cantava la profondità del mare e l’aprirsi di cieli infiniti, ci ha fatto intravvedere la verità delle sue parole, e cioè che la vita su questa terra è solo «il primo tempo», al quale segue la vita eterna nella luce e nella gioia di Dio.
Grazie, Lucio, per questa luce! Ma grazie, soprattutto, a Dio!
Claudio Forti, Trento
Caro direttore,
della mia vita dovrò rendere conto a Dio e non agli uomini. In sessantadue anni di esistenza terrena ho fatto tante cose, alcune buone e altre meno buone o cattive e di tutto questo non desidero che l’opinione pubblica discuta dopo la mia morte. Certe dichiarazioni, certi commenti e addirittura certe trasmissioni organizzate dopo la morte di Lucio Dalla sono state una intromissione violenta nella vita privata di una persona con totale mancanza di rispetto verso i desideri e lo stile di Lucio Dalla stesso. Le convinzioni religiose, politiche, sessuali appartengono alla sfera privata di una persona che è padrona di renderle pubbliche o meno, liberamente. La Chiesa agisce come meglio ritiene e i fedeli hanno l’opportunità di criticare eventualmente le scelte. Ma la spettacolarizzazione della critica è fatta unicamente per ricavarne degli interessi personali che nulla hanno a che vedere con una critica costruttiva. In una epoca in cui non si parla più del Male, penso che quest’ultimo sia sempre al lavoro per minare le basi della Chiesa...
F.B.
Caro direttore,
non le fa tristezza vedere trasmissioni tv e polemisti di professione che tirano in ballo anche i morti, e parlo di Lucio Dalla, per parlare e straparlare di omosessualità e pruderie varie? A me personalmente queste persone fanno pena, loro sì.
Umberto Brusco, Bardolino (Vr)
Caro direttore,
Lucio Dalla era e resterà per sempre un grande artista, un poeta, una persona che ha saputo raccontare la vita, la morte, la quotidianità, il dolore e l’amore, un uomo che tutti hanno descritto come generoso, disponibile, autoironico; le sue canzoni sono la colonna sonora della vita di intere generazioni. Come lui stesso ha avuto modo di sottolineare in alcune interviste, era un cattolico praticante. Della morte diceva che non era altro che «il secondo tempo». Niente di strano quindi che i suoi funerali si siano celebrati in Chiesa, e non è ostracismo, ma rispetto, che le sue scelte sessuali non siano state sbandierate da lui stesso e dagli amici. Non ci riguardano, non perché siamo ipocriti, ma perché siamo liberi e ognuno è libero di fare le scelte più opportune, se si tratta di un cattolico sarà eventualmente un problema suo, se la vedrà con il suo confessore e con Dio, non spetta certo a noi, né giudicarlo, né rendere pubblico un aspetto della sua vita che, come tanti altri aspetti, Dalla aveva preferito tenere per sé. Bene hanno fatto quindi i suoi amici a rispettare il suo riserbo. Chi in questi giorni ha scambiato il rispetto per ostracismo, ha dimostrato ancora una volta che non è il catechismo della Chiesa Cattolica a condannare gli omosessuali, per assurdo a discriminarli sono coloro che li vorrebbero tutti «orgogliosamente gay», quando invece ognuno ha il diritto di vivere le proprie scelte come crede, anche con discrezione, con serenità o con dolore a noi non è dato di sapere. Il «coming out» sarà anche di moda, ma Lucio Dalla ci ha insegnato che lui delle mode se n’è sempre fregato.
Nerella Buggio, Nova Milanese
Gentile direttore,
ho trovato disgustoso da parte di alcuni giornalisti speculare sulla vita intima di Lucio Dalla. Lui non aveva mai ostentato la sua omosessualità e mai aveva presentato qualcuno dei suoi amici come «compagno di vita».
Sappiamo che era credente, partecipava regolarmente alla Messa, si confessava e accettava la morale cattolica. Perché infrangere la sua riservatezza nel giorno del suo funerale?
Siamo davvero in molti a pensarla così...
Ivan Devilno
Caro direttore,
mi permetta di commentare quanto ho visto ieri, domenica 4 Marzo, alle 14 su Raiuno dove veniva ricordata la figura di Lucio Dalla durante i suoi funerali. Meglio dire sopra i suoi funerali. Mentre il funerale veniva celebrato, la discussione degli ospiti de 'L’Arena' si è mossa interamente sul tema del ricordo e del valore artistico dei lavori di Dalla; si è parlato della sua passione per il Bologna, è stata ricordata l’ironia del cantante, la sua passione per il jazz, l’importanza che la mamma ha avuto per il cantante (del papà di Dalla non si è parlato); sono stati fatti accenni alla grande generosità e alla fede del cantante. La breve intervista fatta a un sacerdote, amico di Dalla da anni, terminava con il sacerdote che indicava la cosa che gli avrebbe fatto sentire di più la mancanza dell’amico: la possibilità di ridere con Dalla; e motivava l’importanza di questa mancanza, citando un versetto del Salmo 2: «Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall’alto il Signore». La discussione, stile 'Arena', tra commozioni, facezie e applausi, si svolgeva tra lo studio di Roma e l’inviata da Bologna che, quando aveva spazio, integrava i ricordi delle persone in studio con quelli dei suoi intervistati. La punta di spiritualità più alta in questa commemorazione funebre da salotto televisivo, è stata la frase di Dalla, citata e ripresa più volte: «La vita è solo il primo tempo». Per tutto il tempo nello schermo veniva inquadrata una folla anonima nella piazza antistante la chiesa nella quale si svolgeva il funerale. Non si è udita una sola parola dell’omelia del sacerdote cha ha officiato la Santa Messa; non si è visto un segno di croce; non si è udita una preghiera. Questo è stato il servizio reso da Rai1. Serve qualcos’altro per descrivere il paganesimo ordinario del nostro tempo?
Sergio Vicàri
Credo, cari amici, che ognuno di voi abbia un po’ (o tanto) ragione. Eppure so che nessuno di voi – e tantomeno io – può dire qualcosa che c’entri del tutto e compiutamente con la vita e con la semplice e tenace fede cattolica di Lucio Dalla.
Soprattutto, però, credo anch’io che servirebbe un po’ più di rispetto da parte di tutti coloro che evidentemente poco o nulla sanno della sua e nostra fede e che si sono precipitati a fare della vita di un amatissimo artista una bandiera – questa sì «ipocrita» – da sventolare sugli spalti delle proprie convinzioni e condizioni.
Un incomprensibile esproprio della storia di un uomo, delle sue scelte, dei suoi sentimenti. Tentato dai soliti cacciatori di timbri e di legittimazioni politiche.
In realtà, le sole persone che possono testimoniare a buon diritto sulla vicenda umana di Lucio Dalla (e, infatti, hanno saputo dircelo con parole e gesti di autentica e composta eloquenza) sono coloro che gli sono stati vicini e gli hanno voluto davvero bene. Così come gli unici che possono farci capire un po’ del suo cammino di cristiano attraverso la frequentazione dei Sacramenti (e con quale delicatezza l’hanno fatto...) sono i frati e preti che gli sono via via stati accanto, come amici, fratelli e padri spirituali. Nessuno di quelli che «parlano e straparlano» su Dalla e il Buon Dio e la Madre Chiesa valgono un’infintesima eco di queste voci consapevoli, vibranti eppure misurate.
Per il resto la verità è ancora una volta semplice: a Bologna, in San Petronio, la comunità cristiana ha accolto un figlio e attorno a lui si è raccolta. Non ci sono altri "timbri" da mettere sul passaporto di un cristiano che torna alla Casa del Padre.