Altro che 450 milioni di Ici non pagata dalla Chiesa. Altro che 500 milioni, 1 miliardo o persino 2 miliardi di euro di imposta non versata dalle istituzioni cattoliche, come si è detto e scritto un po’ a caso in questi mesi. Finalmente, dopo tante cifre in libertà, ecco un numero ufficiale e ponderato, in tema di immobili esenti dal pagamento dell’Ici: 100 milioni di euro.
A tanto ammonterebbe il mancato introito per lo Stato se venisse fatta pagare l’imposta in tutti gli edifici degli enti non commerciali italiani nei quali si svolgono le attività socialmente rilevanti che la legge esenta. Attenzione: abbiamo detto "tutte" le attività di "tutti" gli enti non profit, dunque nella cifra sono comprese "anche" quelle riconducibili in vari modi alla Chiesa cattolica. Ed è questo che sorprende. Perché se tutte le attività sociali "erodono" – si fa per dire – un gettito pari a 100 milioni di euro, è evidente che il dato riconducibile ai soli enti della Chiesa cattolica dovrà essere molto inferiore.
La cifra dei 100 milioni è contenuta nella relazione finale del Gruppo di lavoro sull’erosione fiscale, guidato dal sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani, che l’ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti aveva voluto per censire le varie voci che in un modo o nell’altro riducono il gettito fiscale.Il faldone, che si può consultare e scaricare dal sito del ministero del Tesoro (www.tesoro.it), contiene l’elenco completo delle misure e dei vari regimi fiscali agevolati, dalle detrazioni riconosciute alle famiglie per la casa, i figli a carico, le spese veterinarie, alle agevolazioni per imprese, cooperative, enti non profit.
Bene, in fatto di Ici, ecco il calcolo relativo all’esenzione riconosciuta alla prima casa fino allo scorso anno: 3,4 miliardi di euro. Per quanto riguarda invece l’esenzione concessa al non profit e alla Chiesa, la simulazione ha preso in esame tutti gli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive (art. 7, comma 1, lettera i del D.Lgs 504/92) e quelli dove si tengono attività dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana (art. 16, lettera a, legge 222 del 20 maggio 1985). Il risultato: se tutti questi immobili fossero assoggettati all’Ici, il guadagno per lo Stato sarebbe di 100 milioni. Certo, non poco in tempi di difficoltà, ma in ogni caso una cifra ben lontana dalla stima che viene attribuita all’Associazione dei comuni italiani (Anci), e che in modo spannometrico indica in 450 milioni l’erosione di gettito attribuibile alle attività della sola Chiesa cattolica.
Per colpire la Chiesa, insomma, si dovrebbero andare a toccare in modo importante una serie di enti non profit attivi sul territorio, ovviamente non solo cattolici, che alla fine restituiscono alla collettività, in termini di servizi sociali e assistenziali offerti, molto più dello sconto fiscale di cui alla fine beneficiano. Dove ci fossero degli abusi, è naturale che questi debbano essere perseguiti, ma la stima del Tesoro in ogni caso restituisce un po’ di chiarezza e verità su quanto sia il peso degli immobili esentati dall’Ici, compresi quelli della Chiesa.
Il calcolo dei 100 milioni, comunque, non si riferisce agli edifici di culto e agli oratori delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato intese, il cui valore non è nemmeno stimato dalla relazione. Ma, allora, la domanda è: chi chiede di far pagare dai 450 milioni ai 2 miliardi di Ici alla Chiesa cattolica, vuole forse tassare templi e oratori?