Una proposta di legge soprattutto largamente condivisa, che vede tra gli oltre cinquanta firmatari esponenti di tutti gli schieramenti. Da Giulio Marcon di Sel (primo firmatario) a Stefano Fassina, Ermete Realacci (presidente della commissione Ambiente) e Francesco Boccia (presidente della commissione Bilancio) del Pd. Dalla vice presidente della Camera Marina Sereni (sempre del Pd) a Paolo Tancredi di Ncd. Dall’ex 'montiano' Lorenzo Dellai di Democrazia solidale a Gianfranco Paglia di Futuro e Libertà, da Federica Daga del Movimento 5 Stelle al forzista Rocco Palese, fino ai leghisti Giancarlo Giorgetti e Barbara Saltamartini.
Sei i punti cardine e i relativi articoli di questo rivoluzionario progetto di legge. Il primo punto prevede l’uso di «indicatori di benessere, di sostenibilità ambientale, di qualità sociale e di parità di genere» non solo per misurare la situazione sociale, ambientale ed economica del Paese, ma soprattutto per «orientare le politiche pubbliche al perseguimento delle condizioni di benessere della comunità». Nel secondo si prevede che gli indicatori che compongono il Bes «vengano utilizzati nella produzione legislativa, a partire dalla legge di bilancio» e in tutti i «documenti di programmazione economica (a partire dal Def) e di organizzazione di spesa nei Ministeri (missioni, ecc.)». Nel terzo articolo si chiede che all’atto della presentazione dei progetti di legge, «le relazioni tecniche utilizzino ex ante gli indicatori di benessere » e poi – una volta approvati – che «vengano usati in itinere ed ex post per misurare l’efficacia delle misure varate e implementate al di là degli aspetti finanziari».
Nel quarto punto si prevede l’introduzione della contabilità ambientale (oggetto di una legge delega nella XV legislatura e mai arrivata a conclusione), con lo scopo di «misurare l’impatto ambientale dei provvedimenti emanati: la conservazione del territorio, il consumo delle risorse naturali, la sostenibilità ambientale delle misure economiche ». Quindi, nel quinto articolo, è contemplata l’introduzione del cosiddetto
gender auditing ovvero del bilancio di genere, «come forma di valutazione (e di orientamento delle politiche pubbliche) delle misure economiche e di spesa pubblica sulla condizione delle donne e sulle pari opportunità tra uomini e donne». Infine si fa riferimento al programma comunitario Europa 2020, dei cui risultati (relativamente al
raggiungimento da parte dell’Italia degli obiettivi stabiliti in ambito comunitario) si dà conto ogni anno nel Pnr (Programma nazionale di riforma) incluso nel Def. Si prevede cioè di «rendere più stringente il quadro del raggiungimento degli obiettivi, anche grazie ad appositi stanziamenti di spesa pubblica legati a quegli obiettivi».
Tra le prime esperienze in Europa di affiancamento al Pil di indicatori più rispondenti alle reali esigenze della cittadinanza c’è quella dei Nap (Piani nazionali d’azione) dell’Unione europea e quella del Def francese che definisce, per ogni area d’intervento dello Stato, missioni, programmi e obiettivi. E, per ognuno di questi, uno o più indicatori per monitorare il fenomeno. In Italia invece il Bes ha visto di fatto la luce nel 2010, con la collaborazione tra Istat e Cnel e il loro set di indicatori composto da 12 dimensioni del benessere (dalla salute all’istruzione e formazione, dal lavoro alla qualità dei servizi) che ha dato vita al primo Rapporto pubblicato nel 2013. Fino al Rapporto UrBes 2015, relativo ai grandi agglomerati urbani, appena reso noto.
Ecco chi sono i firmatari della proposta di legge:
Marcon, Boccia, Cariello, Palese, Dellai, Giorgetti G., Tancredi, Sereni, Librandi, Pannarale, Fassina, Airaudo, Realacci, De Mita, Zaccagnini, Daga, Pellegrino, Saltamartini, Zaratti, Albini, Amoddio, Antezza, Arlotti, Carloni, Carra, Castricone, Cenni, Ciracì, Costantino, D'Ottavio, Fautilli, Ginoble, Greco, Gribaudo, Kronblicher, Laforgia, Locatelli, Lodolini, Maestri, Mazzoli, Miotto, Nissoli, Occhiuto, Paglia, Pinna, Pastorelli, Ribaudo, Romanini, Sberna, Quartapelle, Terrosi, Scotto, Zanin.