Studioso del multiculturalismo, tra i maggiori esponenti della corrente filosofica che va sotto il nome di “comunitarismo” (celebre il suo
Radici dell’io, Feltrinelli), negli ultimi anni Charles Taylor ha incentrato il suo studio sul rapporto tra religione, spazio pubblico e cultura. Il suo poderoso
L’età secolare (uscito in inglese nel 2007, poi tradotto da Feltrinelli) è diventato in poco tempo una pietra miliare nella riflessione sulle relazioni tra fedi e storia. Docente emerito all’Università McGill di Montréal, Taylor ha accettato di rispondere ad
Avvenire mentre è in procinto di arrivare a Roma dove parteciperà ad alcuni eventi di alto profilo.
Professor Taylor, “Rinnovare la Chiesa in un’epoca secolare” è il titolo del convegno cui lei partecipa settimana prossima all’Università Gregoriana. Questo slogan ci fa pensare subito ai due anni di papa Francesco, da molti considerato un segno di questo rinnovamento. In che modo viene considerato papa Bergoglio negli Stati Uniti e in Canada?«In Nord America papa Francesco viene visto come un grande propugnatore del rinnovamento della Chiesa. Egli ha rotto con le istanze di un’autodifesa conservatrice e di un’autogiustificazione che prima apparivano prevalenti. Inoltre sta sempre più mettendo in primo piano la missione della Chiesa a favore delle persone svantaggiate».
Lei sostiene – e credo che lo farà anche nell’intervento che terrà a Roma – che uno dei compiti della Chiesa oggi è creare “ponti” tra coloro che, in quanto credenti, sono aperti al dialogo e al confronto e quanti, invece, hanno più timore del “secolo”. In che modo operare, concretamente, questa unità? «Nella Chiesa vi sono persone che hanno approcci diversi rispetto alla situazione contemporanea. Eppure io non rinuncio alla speranza che essi possano accettare di essere parte della stessa Chiesa. Questo può avvenire se in ogni Chiesa locale, nelle diocesi, vi sono istituzioni dove queste persone con posizioni differenti possono lavorare insieme e prendere delle decisioni insieme. Il problema in questo caso è che la Chiesa è diventata, sotto certi aspetti, una monarchia assoluta, almeno da alcuni secoli a questa parte. La situazione dei nostri giorni sottolinea la necessità di una de-centralizzazione, che del resto era stata già decisa dal Concilio Vaticano II, ma che è stata in un certo senso bloccata successivamente. Abbiamo bisogno di sinodi su base regionale con maggiori poteri decisionali. E in questi sinodi è necessaria una spinta più forte da parte dei laici. Questo presuppone degli organismi in cui i laici possano possano elaborare insieme il loro contributo. I laici dovranno trovare un modus vivendi per arrivare a queste decisioni comuni. In realtà, finora, i laici sono ancora rinchiusi in gruppi per affinità e così non incontrano persone che hanno punti di vista diversi. Non ho nulla contro questi gruppi che si riuniscono in base alla loro sensibilità ma è necessario arrivare a creare organismi che costringano quanti hanno prospettive diverse ad incontrarsi».
Lei è famoso, tra l’altro, per aver lavorato in prima fila nella Commissione governativa in Québec sul tema della laicità e del pluralismo culturale e religioso, questione emersa con forza a causa della presenza islamica in Canada. L’Europa è rimasta scioccata dai fatti di Parigi, con la strage di Charlie Hebdo e nel negozio ebraico. In che modo si può operare un’integrazione positiva per i migranti di fede musulmana in Europa?«L’integrazione in Europa è un grande interrogativo. La maggior parte delle società europee hanno ancora esperienze recenti nell’integrazione degli immigrati, come invece hanno altre società occidentali. Ma il primo punto dovrebbe essere smetterla di prendere di mira e colpire gli immigrati, come invece ha fatto la recente legge francese in materia».
La cronaca internazionale vede la recrudescenza del fenomeno del terrorismo islamico, con i gruppo dell’Is e di Boko Haram che seminano morte e violenza in Medio Oriente e Africa. Come valuta questo fenomeno? È il segnale di ciò che sarà l’islam un domani oppure solo una sorta di reazione estrema all’età secolare?«L’Is, come lei giustamente fa notare, è una reazione estrema. Si tratta di una minaccia per chiunque, ma soprattutto per le società islamiche, e in modo particolare per le società arabe. Non rappresenta in realtà una reazione all’epoca secolare, ma alla percezione della dominazione delle società occidentali sulle società arabe o che un tempo erano colonie dell’Occidente».
Lei a Roma parteciperà anche ad una tappa del Cortile dei gentili, intitolata “Il tempio e la piazza”. Questa coppia richiama per assonanza la prospettiva “del cubo e della cattedrale” di George Weigel, che metteva forse più in contrasto laïcité e religione. Lei ha una visione più positiva della laicità: perché?«Sì, io vedo spunti molto positivi per la vita spirituale di ogni persona nella grande apertura che l’età secolare ha portato in Occidente. La fede cristiana può fiorire in questo contesto come mai prima era avvenuto. I cristiani, e i cattolici tra essi, stanno diventando minoranze in certe società, invece in altre raggiungono la maggioranza».