martedì 27 maggio 2014
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Qual è il volto delle teologhe cristiane in Italia e cosa sognano per le Chiese del terzo millennio? Prova a disegnarne un identikit particolareggiato, anche se ancora non esaustivo, lo studio di Carmelina Chiara Canta, sociologa dei fenomeni culturali e religiosi, che ha risposto a un’istanza formulata oltre un decennio fa da alcune teologhe cattoliche: il bisogno di un’indagine empirica che fotografasse questa realtà misconosciuta, quasi nascosta agli occhi dei credenti – e non solo.«È stato uno dei pochi casi in cui "committente" e "sociologo" si sono trovati in sintonia – sottolinea l’autrice –. Si è trattato di una richiesta-proposta che sul momento non ho potuto prendere in considerazione, sebbene condividessi pienamente le motivazioni. Ma sentivo e sento la necessità di comprendere una problematica trascurata dalla sociologia e dalla sociologia della religione in particolare, un mondo anch’esso maschile come quello delle Chiese, poco sensibile alle questioni maschile-femminile e ancor più al binomio genere-religione».Di qui il senso del titolo scelto per il volume edito da Franco Angeli, Le pietre scartate, che riprende un’espressione evangelica in modo non rivendicativo: il senso è quello di illuminare la vita di «donne non sempre valorizzate nei ruoli prestigiosi e nei palazzi del potere, dove anche le religioni preferiscono gestirlo in termini esclusivi e maschili», osserva la sociologa Canta, che ha diretto una ricerca puntuale, fondata su una metodologia quantitativa.Cifre, tabelle e grafici parlano chiaro, insieme all’analisi che li accompagna: al questionario inviato on-line dal maggio 2012 al maggio dello scorso anno a 335 teologhe cristiane (295 cattoliche, 36 tra battiste, metodiste e valdesi, 2 anglicane e altrettante ortodosse) hanno risposto in 181, laiche e religiose, «un numero consistente che ci autorizza a parlare di un campione probabilistico o significativo». La metà ha fra i 46 e i 65 anni, ma avanzano le giovani tra i 23 e i 45 anni (35%): la possibilità di frequentare le università pontificie e quindi le facoltà teologiche – occorre ricordarlo – risale a un passato recentissimo, ovvero al 1965. Un altro regalo del Concilio. Se il 56% è nubile (single o consacrata), il 34% è sposata con rito cattolico. Una prima questione aperta è la difficoltà di mantenersi con il lavoro teologico: anche se quasi la metà delle intervistate (42%) vive al Centro e insegna nelle Università pontificie romane – mentre nel 35% dei casi le teologhe si trovano al Nord, nel 12% nelle isole e nell’11% al Sud –, le cattedre provvisorie non consentono di «arrivare a fine mese». Eppure, osserva Canta, «il curriculum scientifico è di buon livello e molte hanno i requisiti per accedere all’insegnamento accademico».La loro presenza «come docenti nelle università pontificie è stata ed è marginale e minoritaria rispetto agli uomini (presbiteri). Tuttavia sono presenti e attive in associazioni teologiche e, talvolta, con ruoli di responsabilità». Non solo: si sentono "invisibili" nei momenti decisivi della vita ecclesiale. Su questo nervo scoperto Papa Bergoglio è tornato diverse volte nei mesi scorsi, e lo ha fatto con apertura e chiarezza. E nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium ha ribadito che il sacerdozio ministeriale è riservato agli uomini. Argomento spinoso, eppure non centrale nella ricerca, su cui 105 teologhe cattoliche esprimono «una posizione di equilibrio e maturità»: 43 si dichiarano «perplesse» e 24 «decisamente in disaccordo», 24 «d’accordo» e 14 «molto d’accordo».Tuttavia – sottolinea la sociologa – «il sacerdozio delle donne non è il problema principale per le donne-teologhe e probabilmente neanche per le credenti». I sogni coltivati sono ben altri e quello maggiormente condiviso (da 17 intervistate) riguarda il futuro ecclesiale: «Si "immagina" una Chiesa che, al suo interno, viva il Vangelo e realizzi la collegialità e, all’esterno, che abbia una diversa collocazione nella storia e un rapporto più sereno con la modernità e col mondo, come auspicato dal Concilio».Inserite nelle comunità locali, in associazioni teologiche e di volontariato, queste donne dimostrano di essere innamorate del Vaticano II e di conoscerlo a fondo. E si dichiarano ottimiste per il futuro: «Un sogno espresso con molta forza riguarda la valorizzazione e il riconoscimento del ruolo e della competenza della donna, variamente coniugato, sul piano del riconoscimento culturale, non solo per la specificità del femminile nelle relazioni ma nella valorizzazione di essa». Insomma, vorrebbero «essere davvero l’altra metà del cielo; basta documenti sul genio delle donne ma riconoscimento di fatto e che i dicasteri vaticani e diocesani siano gestiti da laiche e laici», appunta pragmaticamente una teologa nel suo questionario. E un’altra aggiunge: «Come afferma il cardinale Kasper, "la Chiesa senza le donne è un corpo mutilato". È insensato continuare a parlarne senza ascoltarle».
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