mercoledì 5 giugno 2013
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Ma il pendolino è «cattolico»? Ma sì, proprio l’arte dei rabdomanti, capaci (almeno all’apparenza) di scovare oggetti o persone oscillando un pendolo sopra una mappa, o di trovare sorgenti d’acqua stringendo una bacchetta a forma di «Y»... Qualcuno avrà già storto il naso schifato, di fronte a simili «superstizioni». Ma, prima di chiudere il discorso, è meglio informarsi a fondo. Per esempio sapere che la radiestesia – così si chiama l’attività dei rabdomanti –, pur essendo praticata in Cina fin dal 2000 a.C., ha avuto tra i maggiori sostenitori e teorici in Occidente proprio dei preti. Anzi, il termine stesso di radiestesia (letteralmente «sensibilità ai raggi») fu inventato nel 1929 dall’abbé Alexis Timothéè Bouly, all’atto di fondare l’Associazione degli Amici della Radiestesia insieme al confratello e professore universitario abbé Bayard. Per loro non si trattava di nulla di esoterico, al contrario: la bacchetta o il pendolino (diffusosi dall’Ottocento in poi, in quanto strumento dall’apparenza più «scientifica») fungevano solo da «fragile antenna che ci permette di captare più facilmente le radiazioni nascoste» emanate da tutti gli oggetti esistenti, segno dunque della loro essenza spirituale. «Noi viviamo in un oceano di radiazioni che non riusciamo a percepire... Non dobbiamo far altro che rivelare la loro esistenza trasformandoci in ricercatori di vibrazioni viventi». In quegli stessi anni (1935) un altro sacerdote francese, anzi savoiardo, l’abbé Alexis Mermet etichettato come «il principe degli stregoni», figlio d’arte (anche padre e nonno erano rabdomanti), tentava di far assurgere la radiestesia a scienza sperimentale, elaborando una precisa teoria e inventando la tecnica della ricerca a distanza di sorgenti, metalli, corpi e anche malattie (teleradiestesia); secondo i suoi seguaci, avrebbe anche «conosciuto» l’incidente del dirigibile «Italia» di Umberto Nobile due giorni prima che la notizia fosse di pubblico dominio.È d’altronde l’epoca del trionfo della radio e il parallelo è evidente: il bastoncino funge da antenna mentre il rabdomante è il condensatore di onde, amplificate poi attraverso il movimento della mano. Durante l’ultima guerra l’uso della radiestesia si diffonde anche in ambienti cattolici per la ricerca di persone, in particolare dei propri cari dispersi sui fronti; il missionario padre Piero Gheddo, all’epoca bambino, ha conservato testimonianza delle manovre della zia con un pendolino sopra la carta geografica della Russia, dove si trovava il papà del futuro sacerdote. La Civiltà Cattolica del 20 marzo 1943 ne prende atto, dedicando un articolo a disquisire se «la radiestesia è una scienza?»: «In particolare la guerra con le sue ansie e i suoi timori, col mistero che ha steso su tante persone care, ha dato a questo genere di ricerche un’attualità impressionante». Tant’è vero che proprio nel marzo 1942 il Sant’Uffizio si pronuncia con una nota che è a tutt’oggi l’unica indicazione ecclesiastica ufficiale in materia: «Riguardo agli sconvenienti atteggiamenti che si compiono a danno della religione e della vera pietà a causa della pratica della radioestesia compiuta dai chierici al fine di conoscere eventi e circostanze relative ad alcune persone... gli Eccellentissimi Ordinari dei luoghi e i Superiori Religiosi proibiscano ai propri chierici e religiosi di procedere a quelle forme di divinazione tra le quali anche la Radioestesia». Un divieto che appare comunque relativo ai soli sacerdoti e alle ricerche di persone o alle divinazioni «magiche»; tant’è che pochi anni dopo l’Enciclopedia Cattolica, pur definendo la rabdomanzia «prassi ai margini dell’occulto e del magico, praticata spesso da persone prive di salda preparazione dottrinale e spesso inquinata da ignoranza, fanatismo, leggerezza, falsificazione», potrà concludere: «La disciplina cattolica non condanna né proibisce la pratica della radiestesia, salvo che essa scantoni nella superstizione». Infatti la rabdomanzia ha continuato a trovare importanti sostenitori tra i preti.Per esempio i missionari, costretti a cercare vene d’acqua in Africa : nel 1950 appare anche in Italia l’opuscolo Luce nelle tenebre. Nozioni pratiche di radiestesia specialmente dedicate ai missionari scritto dal francescano padre Jean-Louis Bourdoux «vecchio missionario al Matto (sic!) Grosso»; vi si insegna a trovare le sorgenti, i terreni fertili, i reperti archeologici, ma anche a individuare le malattie e i rimedi naturali per curarle – persino la lebbra –, tutto e sempre col pendolino. Negli anni Settanta un altro convinto radiestesista, il gesuita padre Fernando Bortone, prova ad applicare il principio alla medicina come se si trattasse di un esame spettroscopico o qualcosa del genere: «La cellula umana è un perfetto apparecchio ricevente le radiazioni cosmiche, sotto l’azione delle quali oscilla in armonia con le altre cellule del corpo». Ma non si deve credere che siano in numero minore, tra i religiosi, gli acerrimi nemici della rabdomanzia. Si comincia con Martin Lutero, per il quale era superstizione pura, e si prosegue con Pierre Violet, sacerdote che nel 1694 pubblicò un Trattato contro la nuova rabdomanzia o il nuovo modo di divinare con la bacchetta a forbice. Nel 1701 veniva invece messo all’Indice il libro dell’abate Vallemont, alias don Pietro de Larenes, intitolato La Fisica Occulta o Trattato della bacchetta divinatoria, in cui si avanzava la tesi dell’esistenza di «corpuscoli» captabili attraverso la famosa forcella lignea. Ben più tardi padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica nonché studioso di psicologia, giudicò con la consueta irruenza «radiestesia e rabdomanzia fonti di illusioni e sintomi di disorientamento intellettuale». Una decina d’anni fa un gruppo di esorcisti piemontesi scriveva alla rivista Vita pastorale: «Come si fa ad assolvere il pendolino a questi chiari di luna dove la magia, la superstizione, lo spiritismo, la divinazione ne fanno un uso abbondantissimo?». Recente la condanna di don Roberto Tavelli, sacerdote pisano che ha appena licenziato il monumentale L’anima e il suo cuore. Fenomenologia spirituale ed esperienza del sacro (Cantagalli): «Lo status antropologico del radiestetista corrisponde chiaramente a quello del medium... Entrambi hanno disposto la propria anima alla comunicazione con istanze volitivo-intellettive estranee, spiriti intrusi nell’anima». Dunque «non esitiamo a stigmatizzare la pratica radiestesica quale reale arte divinatoria... L’implicazione con gli spiriti intrusi porta inequivocabilmente alla disgregazione dell’anima del radiestesista».Insomma: strumento demoniaco o grazia provvidenziale? Esoterismo occultista o fenomeno preternaturale? Il mondo cattolico non ha ancora pronunciato una parola definitiva sul tema, anzi i pareri si dividono nettamente tra chi nella rabdomanzia vede una subdola porta attraverso la quale pratiche eterodosse (se non addirittura sataniche) si farebbero strada nelle menti, e chi invece reputa uno spreco non avvalersi di forze delle quali non sappiamo ancora la spiegazione, ma che possono essere utilizzate per il bene. Armando Pavese, noto studioso di paranormale scomparso alcuni anni or sono, sosteneva così che «il pendolino non è un pericoloso strumento di magia come il coltello non è strumento di delitto, ma serve anche a usi leciti... L’automatismo che genera il movimento del pendolino non è un "potere magico" (che non esiste), ma un prodotto psico-biologico inerente l’essere umano. Non magia, ma natura». Pure l’altro esperto di fenomeni esoterici e «smascheratore» di sette padre François Dermine esita a catalogare la rabdomanzia (e la telepatia) tra i casi di occultismo, almeno quando venga usata la classica bacchetta e non il più subdolo pendolino: «Essi potrebbero effettivamente dipendere non da una intelligenza estranea, ma piuttosto da una causa del tutto naturale, per cui ci troveremmo di fronte a una forma di "sensibilità paranormale" ancora tutta da precisare, o di fronte alla cosiddetta sensitività fondata su presunte facoltà straordinarie». Rabdomanzia, il mistero continua; anche per i cattolici.
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