Conosciuti sotto termini differenti, gli assiro-caldei-siriaci, eredi dei popoli assiro, babilonese, caldeo e arameo dell’antica Mesopotamia, di lingua siriaca e fedeli all’antica Chiesa d’Oriente, detta nestoriana, e alla Chiesa d’Antiochia, tanto fiorenti un tempo in tutto il continente asiatico, hanno conosciuto a più riprese, alla stregua dei loro fratelli armeni, l’avversità della sorte e le iniquità della storia.A partire dalla caduta di Ninive, di Babilonia e dei regni aramei, 2.500 anni fa, gli assiro-caldei, privati di uno Stato protettore, non sono mai stati al riparo dalle persecuzioni che assunsero spesso una piega drammatica.I massacri del 1915 hanno avuto precedenti ottomani nel 1895-1896 e nel 1909. Ma sarà il XX secolo a restare, per questo popolo e le sue istituzioni civili, culturali e religiose, quello della grande tragedia. Gli assiro-caldei sono stati vittime di un genocidio fisico, culturale, religioso e territoriale a carattere geopolitico, preludio alla loro erranza, al loro sradicamento e alle loro sofferenze che continuano a lacerare la comunità.Quei massacri hanno avuto luogo su larga scala. Gli assiro-caldei sono stati massacrati nel 1915-1918 nelle stesse condizioni e quasi sugli stessi luoghi dei loro fratelli e sorelle armeni e all’interno di un disegno analogo, che mirava deliberatamente, secondo piani definiti e obiettivi determinati da Costantinopoli al fine di omogeneizzare l’Impero, alla soppressione di ogni gruppo etnicamente non turco.Quella politica suicidaria di pulizia etnica era attizzata dal fanatismo religioso, la chiamata al
Jihad, decretata il 29 novembre 1914, suscitata e strumentalizzata a fini politici e accecata da un nazionalismo di conquista, esclusivo, e da uno Stato molto centralizzato, ostile alle riforme, sospettoso di ogni manifestazione di autonomia e di aspirazione alla libertà delle nazionalità e religioni che componevano allora la Turchia.Sono numerose le province,
vilâyet, località e villaggi che sono stati vittime dei massacri. E quei massacri hanno ripetuto quelli degli armeni. Per rispondere alla dichiarazione del Primo ministro turco Erdogan, non si tratta di fare una gerarchia delle sofferenze, ma di dire chiaramente chi è l’aggressore e chi è l’aggredito, chi è l’autore del genocidio e chi è la vittima. E di conseguenza bisognerebbe stabilire le responsabilità, senza attenuarle.Esiste su questa tragedia una documentazione precisa e abbondante, di fonti autorizzate, in una moltitudine di lingue, e questo fin dal 1915, in francese, russo, inglese, tedesco, arabo, armeno, aramaico (orientale e occidentale), dove armeni e assiro-caldei sono peraltro associati e citati simultaneamente.A partire dal 1915 la questione assiro-caldea era divenuta internazionale e preoccupava le cancellerie occidentali. Le gerarchie religiose e politiche assiro-caldee si sono attivate presso quelle cancellerie dal 1918 al 1921, inviando memorandum su memorandum sulle sofferenze e le perdite sopportate durante la guerra e sulle loro rivendicazioni. E si vide nascere un’assistenza umanitaria che venne in loro soccorso. La precisione e la veridicità di numerosissimi documenti confermano la tragedia in maniera irrefutabile e con prove inattaccabili e concordanti.Più di 250 mila assiro-caldei, di tutte le obbedienze religiose, ovvero più della metà della comunità, sono deceduti su tutto il territorio turco-persiano, per mano dei turchi e degli irregolari curdi e di altre etnie che furono utilizzate a tali scopi. La morte ha preso dimora in centinaia di villaggi, lasciando un gran numero di orfani, di bambini presi prigionieri, di giovani ragazze e donne rapite, di vedove, rifugiati e deportati.Quel genocidio fisico e quella spoliazione territoriale erano accompagnate da un genocidio culturale. Gli assiro-caldei si sono visti così spodestati di gran parte dei loro luoghi di memoria e della loro cultura. In tutto oltre 250 chiese e conventi furono completamente distrutti.Vorrei citare il caso di un regione montuosa, l’Hakkari, situata all’estremità sudorientale della Turchia, dove vivevano in gruppo compatto, fin dall’antichità, gli assiro-caldei. Circondati dai loro vicini immediati i curdi, le autorità ottomane non erano mai riuscite a penetrarvi, almeno fino al 1880, se non molto debolmente e parzialmente. Il villaggio arroccato di Konak, esclusivamente assiro-caldeo, era sede del Patriarcato della Chiesa d’Oriente “nestoriana” dal 1662 e conteneva una biblioteca ricca di manoscritti aramaici e di documenti. Si può dire, dunque, che sia un territorio storicamente assiro-caldeo, condiviso in parte con i curdi, che erano i più numerosi, e alcune minoranze: ebrei, armeni, yazidi… e turchi.Tuttavia la sua storia fu tragica. Una parte fu sterminata dai turchi e dai curdi durante la guerra, lunghe file morirono di sete, stenti, malattia e fatica sulle strade dell’esodo diretti a Salmas e Urmia. I sopravvissuti si sono rifugiati nella diaspora, in tutto il mondo.L’Hakkari contava più di 200 chiese, le più antiche delle quali risalenti al IV secolo. Quanto al villaggio di Konak, contiene le tombe di patriarchi nestoriani.Che cosa resta di tutto questo? Che spreco di tutto un patrimonio, costruito pazientemente e faticosamente nei secoli! Che perdita per l’umanità!Nonostante tutto, la memoria non si è inaridita. Oggi assistiamo a una rinascita. Parecchie steli sono state erette in Occidente, in Francia, in particolare a Sarcelles, in Belgio, Svezia, Stati Uniti, Australia, Ucraina e Armenia da parte dei discendenti dei sopravvissuti a quei massacri per perpetuare la loro memoria, con il sostegno delle autorità regionali e locali.A Erevan, nel cuore della capitale, all’incrocio Moskovyan-Nalbandian, il 25 aprile 2012 è stato inaugurato un memoriale dedicato «alla memoria degli innocenti assiri, vittime del 1915», dove ho avuto l’opportunità di raccogliermi. Ringraziamo in quest’occasione le autorità armene.In questi tempi in cui il diritto dei popoli è diventato materia di diritto internazionale, il quale vieta tutte le forme di discriminazione e condanna il crimine di genocidio, è tempo che un popolo, sofferente e oppresso, come gli assiro-caldei, sia definitivamente integrato nella coscienza dell’umanità e gli sia resa giustizia. Sì, giustizia e riparazione.
(traduzione di Anna Maria Brogi)