Ci può raccontare il suo itinerario
spirituale che l'ha condotta alla sua conversione a Cristo?
«Sono nata
dopo la Seconda guerra mondiale a Leningrado. I miei genitori erano funzionari
sovietici. La mia era una famiglia sovietica normale: non ho mai sentito
parlare né di Dio né di qualcosa di spirituale tra le mura di casa. Però,
fin da ragazza, ho sempre vissuto cercando un senso della mia vita. Detestavo
il mondo intorno a me perché aveva preoccupazioni troppo piccole: io cercavo
un'altra vita ma non sapevo dove trovarla. Ho compiuto i miei studi di
filosofia con passione: cercavo una verità che mi desse un senso per vivere
e per morire. Nessuno era marxista in Urss: il primo vero marxista l'ho
incontrato in Germania quando sono diventata esule. Appartenevo a quella
che si definisce "intellighenzia" avendo passato tutta la mia vita in biblioteca
All'epoca di Chruscev ci è stato accordato il permesso di leggere qualche
libro occidentale. Così mi sono "buttata" su Heidegger e Kafka. Amavo la
letteratura tedesca, ma mi piaceva anche Camus. Avevo fatto mia la filosofia
della solitudine, della disperazione e della morte di Dio. Ero affascinata
da Nietzsche: Dio è morto, mi dicevo, e il deserto della vita e della storia
è ancora più grande. Dalla filosofia sono passata allo yoga, una pratica
molto popolare nell'Urss di un tempo. Per me, che venivo da un'educazione
molto materialista, si è trattata di una vera esperienza spirituale: era
un modo per superare la nuda materialità e dirigermi verso la spiritualità».
Cosa c'entra lo yoga con il suo diventare cristiana?
«Proprio in un
libro di yoga, un libro samizdat, cioè proibito, ho trovato per la prima
volta nella mia vita un foglio con la preghiera del Padre nostro. L'ho
recitata per la prima volta, automaticamente, senza pensare né tantomeno
credere che Dio esistesse. E improvvisamente ho sentito la pienezza dell'Amore:
mai nella mia vita avevo sentito l'amore così forte. Ho percepito subito
che la mia aveva un senso, quel senso che cercavo da tutta la vita. Ho
sperimentato che amavo Dio, che lo cercavo e ora potevo servirlo. Sì, è
stata proprio una conversione. Faccio parte della prima generazione di
convertiti dell'Unione sovietica. In Urss tutto era impossibile perché
veniva vietata ogni libertà. L'unica cosa "permessa" era Dio come una verticale
di Grazia. Noi convertiti sovietici abbiamo vissuto in una gioia assoluta
nonostante l'aver perduto il lavoro, l'essere stati perseguitati, l'aver
perso la possibilità di vivere nel confort. Ma abbiamo trovato la sola
cosa necessaria, il Vangelo. Sì, siamo stati un miracolo vivente».
Come
viveva la sua fede in Unione sovietica?
«Quando io e i miei amici avevamo
vent'anni, non c'era nessuno che poteva spiegarci chi fosse Dio e cosa
fosse la Chiesa. In Russia la Chiesa si è salvata con le donne, le anziane
babuske. C'era qualche prete qui e là, sì, anche a Leningrado, ma tutti
avevano paura, tutti temevano tutti, anche noi giovani del Komsomol. In
seguito le persone più acculturate hanno iniziato ad andare in chiesa e
abbiamo cominciato a vedere le anziane, che avevano sempre creduto in Dio,
come eroine della fede. Intorno a Leningrado c'erano 12 monasteri non ancora
chiusi dalle autorità. Ma era molto difficile incontrare i monaci. È per
questo che noi giovani convertiti, una volta credenti, non ci siamo permessi
di criticare i vecchi perché conoscevamo la durezza in cui vivevano».
Quanto era "convinto" il suo comunismo?
«Quando sono entrata nel Komsomol,
in realtà l'ho fatto perché tutti si comportavano così: era automatico
iscriversi al settore giovanile del Partito. Ho fatto la mia prima tessera
quando avevo 17 anni. Io ero un membro molto attivo: con i miei studi
di filosofia volevo servire gli altri, aiutare ed essere utile. Il Partito
mi sembrava il posto migliore per farlo. Non ero convinta che Marx e Engels
avessero le ricette migliori per la società, anzi: ho letto Marx solo una
volta arrivata in Occidente. Ma quando ho capito che il marxismo, questa
filosofia che voleva cambiare radicalmente l'uomo, rappresentava il diavolo,
sono diventata una dissidente, e una delle più attive. Sono stata espulsa,
prima dal Partito poi dall'Urss».
Prima è diventata cristiana o dissidente?
«Prima sono diventata cristiana e poi dissidente. In realtà "dissentivo"
già da un po', lo sono diventata in modo più convinto. Quando mi sono fatta
battezzare – nonostante lo fossi già stata da piccola, ma in segreto –
ho dato avvio a un seminario clandestino nel mio appartamento, insieme
ad altri giovani. Come donne abbiamo organizzato un movimento intitolato
a Maria, la madre di Dio. Insomma, ho incominciato a fare un po' di cose
vietate! Per esempio, discutevamo insieme della situazione delle donne,
così caricate di lavoro e sfruttate perché dovevano fare molto di più degli
uomini. Le donne in Urss godevano di un livello di vita molto basso, la
loro condizione è sempre stata difficile. Ogni donna russa ha avuto diversi
aborti: questo dramma persiste ancora oggi. Abbiamo iniziato a raccogliere
aiuti per le famiglie dei soldati costretti ad andare in guerra in Afghanistan.
E così il nostro circolo ha subìto la repressione dello Stato: alcune di
noi sono state rinchiuse nelle cliniche psichiatriche, altre sono state
arrestate, altre costrette all'esilio. Il 24 luglio 1980 sono stata obbligata
a salire su un aereo e ad andare in Occidente, prima in Austria, poi in
Germania e quindi a Parigi. Ora la mia vita è essenzialmente un viaggio,
un pellegrinaggio tra Parigi, la Russia e altri Paesi per parlare della
spiritualità russa e del martirio del nostro popolo cristiano».
Durante
l'era sovietica solo i cristiani si opponevano al comunismo?
«No, c'erano
anche dissidenti non cristiani. Intorno al nostro circolo si muovevano
gruppi non cristiani anticomunisti che si battevano per la democrazia.
Ogni uomo ha una certa responsabilità verso i diritti inalienabili delle
altre persone. Per noi la lotta come dissidenti è stato la realizzazione
dell'amore e del Vangelo: abbiamo amato fino a morire, cercando di fare
veramente qualcosa per gli altri e per difendere i loro diritti. Facevamo
tutto senza detestare i nostri avversari: sono stata arrestata diverse
volte dal Kgb e ho sempre detto a quanti venivano a portarmi in carcere:
"Devo pregare anche per voi che non sapete cosa siano la verità, la bontà
e la gioia di Dio". Quando mi gettavano in carcere, cantavo. Ho sentito
realmente compassione per questi agenti del Kgb, veri e proprio schiavi
della morte. A noi non interessava il ruolo di dissidenti nè fare il bastian
contrario rispetto al potere. Quel che ci stava a cuore era costruire il
mondo di Dio sulla terra, un mondo veramente nuovo. Il potere sovietico
intanto cercava di fare la stessa cosa ma in realtà non ci riusciva e anzi
faceva peggio».
Come ha trovato l'Occidente dove si è rifugiata?
«Quando
sono arrivata oltre il Muro ero molto contenta perché vivere in Germania
era il mio sogno: per tutta la mia vita avevo letto Goethe, Heidegger,
gli scrittori tedeschi, e credevo che tutti i tedeschi fossero anime elevate.
Lo stesso pensavo della Francia. Poi, invece, nella realtà ho incontrato
un mondo quasi morto. Ho scoperto un'altra tipologia di totalitarismo.
Qui in Occidente la libertà non esiste, se con essa si intende una possibilità
umana di carattere assolutamente spirituale. È Dio che ci rende spiritualmente
liberi, mentre qui in Occidente siete quasi tutti schiavi del consumo.
Non avrei mai pensato che esistesse un tale totalitarismo. In Russia sta
arrivando qualcosa di simile».
Perché questo suo sguardo così negativo
sul consumismo?
«Nel Vangelo troviamo che Gesù ha parlato sei volte contro
il denaro e una volta contro il diavolo. Si capisce perciò come per Cristo
il denaro sia un sostituto di Dio. Lo si vede bene nella crisi finanziaria
attuale: essa ha reso la gente superficiale, le persone cercano di avere
tutto tranne Dio. Certo, vi sono piccoli gruppi che resistono a questa
ideologia e che non danno priorità al denaro ma alla civiltà. Io penso
che il cristianesimo in Occidente oggi sia molto debole e che l'Europa
che abbiamo conosciuto finirà per morire. E lo dico con dispiacere perché
come russa mi sento anche un po' europea».