“Luoghi dell’Infinito”, in edicola con “Avvenire” da martedì 6 maggio, dedica uno speciale a Gerusalemme e alla Terra Santa, in occasione del viaggio di papa Francesco. È uno sguardo tra una storia complessa e un’attualità spesso difficile, come quella dei cristiani che vivono in Terra Santa raccontata nell’editoriale dal patriarca Fouad Twal.
«Noi molto umilmente e per brevissimo tempo vi
ritorneremo in spirito di devota preghiera, di
rinnovamento spirituale, per offrire a Cristo la
sua Chiesa; per richiamare ad essa, una e santa, i Fratelli separati;
per implorare la divina misericordia in favore della pace, che
in questi giorni sembra ancora vacillante e trepidante; per supplicare
Cristo Signore per la salvezza di tutta l’umanità».
Con
queste parole, cinquant’anni fa, Paolo VI diede l’annuncio del
suo viaggio in Terra Santa, nei luoghi dove Cristo nacque, visse,
morì e, risorto da morte, salì al cielo. Un viaggio breve, come
altrettanto celere sarà anche il pellegrinaggio che papa Francesco
si accinge a compiere dal 24 al 26 maggio. La visita si colloca
in una prospettiva di continuità con quelle dei suoi predecessori.
Ma se da una parte Francesco, seguendo i pontefici che
l’hanno preceduto, si fa pellegrino di pace, dall’altra trova una
terra lacerata ancor più dalla minaccia di possibili nuovi conflitti.
Un appuntamento che si colloca in un momento cruciale
per la vita dei cristiani di tutto il Medio Oriente.
Molti sono i cambiamenti in atto nei Paesi arabi, che prefigurano
nuovi contesti e un futuro incerto. In Terra Santa i cristiani
dei diversi riti sono circa 180mila, di cui 50mila in Palestina e
130mila in Israele, senza contare gli oltre 200mila cristiani della
Giordania e i 220mila lavoratori stranieri (provenienti da Filippine,
India, Sri Lanka, Europa Orientale, America Latina...)
nonché 30mila profughi in cerca d’asilo provenienti da Eritrea,
Sudan, Costa d’Avorio, Somalia, Congo, e ancora, un grande
numero di immigrati russi ortodossi. La maggior parte dei cristiani
è di lingua e cultura araba, ma c’è anche una piccola comunità
di cristiani provenienti dal mondo ebraico.
La situazione sociale, economica e politica è molto complicata
e, più grave ancora, non s’intravedono soluzioni. A subirne
le maggiori conseguenze sono i cristiani.
Soffrono. Temono che
la loro esistenza e permanenza nella terra dei padri diventi un
semplice ricordo. Le comunità cristiane appaiono deluse.
Smarrite. Sono consapevoli di essere un segno di contraddizione,
di vivere il mistero nascosto. Ma i cristiani di Gerusalemme
e di tutta la Terra Santa avranno un futuro solamente se comprenderanno
che qui si vive veramente il mistero pasquale, un
cammino verso la speranza e la luce. Abbiamo bisogno del conforto
e di una fiducia incrollabile nella Provvidenza, di una benedizione
che, come sostiene l’apostolo Paolo «ci consola in ogni
nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli
che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione
con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2Cor 1,4).